Cronaca

Catania, no a parto cesareo perché dottoresse non volevano fare gli straordinari: bimbo nasce con lesioni

Sono state sospese dall'esercizio del pubblico ufficio medico per un periodo che va dai 12 ai 4 mesi e dal loro impiego al Santo Bambino dal direttore generale dell'azienda ospedaliera Paolo Cantaro. L'inchiesta dei magistrati ha ricostruito nel dettaglio quello che è successo un anno e mezzo fa all'interno del polo ospedaliero catanese: "Uno dei peggiori casi di malasanità degli ultimi tempi"

Dovevano fare gli straordinari per far nascere un bambino. E invece pur di non rimanere in servizio oltre l’orario di lavoro avrebbero evitato di effettuare il taglio cesareo, falsificando anche le cartelle cliniche: quel parto complesso era diventato un normalissimo travaglio. E alla fine il neonato è venuto alla luce con gravissime lesioni. Sono queste le accuse mosse dalla procura di Catania nei confronti di tre sanitari del polo ospedaliero del Santo Bambino, sempre nella città etnea: si tratta di Daniela Amalia Palano, di Gina Currao e di Paola Cairone. Le tre dottoresse sono tutte state sospese dall’esercizio del pubblico ufficio medico per un periodo che va dai 12 ai 4 mesi. Sospese anche dal loro impiego al Santo Bambino dal direttore generale dell’azienda ospedaliera Paolo Cantaro, le tre donne rimangono indagate dall’ufficio inquirente etneo guidato dal procuratore Carmelo Zuccaro. L’inchiesta dei magistrati ha ricostruito nel dettaglio quello che è successo un anno e mezzo fa all’interno del polo ospedaliero catanese.

È il 2 luglio del 2015 quando una ragazza catanese di 26 anni, sta per dare alla luce il piccolo che chiameremo Andrea. Ad averla in cura in quelle ore sono le dottoresse Palano e Currao che però stanno per completare il loro turno: è a quel punto che – secondo la procura – va in onda uno dei peggiori casi di malasanità degli ultimi tempi. “Per evitare di rimanere a lavorare oltre il proprio orario di lavoro – scrivono gli inquirenti – non soltanto omettevano di procedere con un immediato intervento cesareo nonostante i molteplici episodi di sofferenza fetale che il tracciato evidenziava (ben cinque episodi di bradicardia in poco più di un’ora) ma, addirittura, somministravano alla paziente l’atropina (farmaco che non trova alcuna specifica indicazione in travaglio di parto essendo, per contro, controindicato in presenza di sofferenza fetale) simulando, in tal modo, una regolarità del tracciato in realtà non sussistente”.

Ma non solo. Perché le dottoresse Palano e Currao “omettevano sia di segnalare tali avvenimenti in cartella, sia di informare i colleghi del turno successivo, impedendo a questi ultimi di avere immediata contezza dell’estrema gravità della situazione clinica”. È a quel punto che interviene la terza indagata, la dottoressa Cairone, all’oscuro di quanto fosse accaduto in precedenza, ma comunque sospettata di quelle che i pm definiscono condotte “negligenti, imprudenti ed imperite”. Che tipo di condotte? “Da un lato – spiegano i pm – praticando alla Percolla, per ben due volte, le cosiddette manovre di Kristeller (pratica bandita dalle linee guida) nonostante un tracciato non rassicurante, e, dall’altro, non contattando in tempo il neonatologo il quale, arrivato quando già il feto era stato espulso dalla madre, effettuava il proprio intervento di rianimazione con gravissimo ritardo”. Anche Cairone è sospettata di avere falsificato la cartella delle donna “al fine di occultare la propria condotta”. È a causa di questa drammatica sequenza di eventi se Andrea, nato con un giro di cordone intorno al collo, è venuto alla luce con gravissime lesioni: un’encefalopatia ipossico-ischemica, una tetra paresi spastica, un grave ritardo neuro psicomotorio, microcefalea, un’epilessia generalizzata sintomatica con indebolimento permanente del tronco neuroencefalico e con gravissime implicazioni anatomofunzionali.

Una vera e propria tragedia. Aggravata dal fatto che potrebbe non essere l’unica. “Le indagini – spiegano sempre i magistrati – hanno permesso, infine, di accertare la circostanza secondo la quale, all’ospedale Santo Bambino, le cartelle cliniche sovente vengono redatte successivamente rispetto all’insorgere dell’avvenimento clinicamente rilevante; ciò a causa di una prassi instaurata dai sanitari (e talvolta anche imposta alle ostetriche) e finalizzata ad occultare le prove di eventuali responsabilità mediche”. In questo modo non ci sarà nessun documento a raccontare che un bambino è nato con gravi lesioni a causa di medici che non hanno voluto fare gli straordinari.

“La mia assistita aveva più volte chiesto aiuto all’equipe medica, e anche sua madre aveva sollecitato l’intervento cesareo perché a figlia stava male. Perché non sia stato eseguito lo stabilirà la magistratura, così come se ci sono responsabilità”, ricostruisce invece l’avvocato Gianluca Firrone, legale della donna, che si era subito accorta delle terribili condizioni in cui versava il figlio appena nato. “Era blu cianotico – spiega sempre il penalista – ed era in grave crisi. I danni riportati sono enormi, anche se potranno essere quantificati definitivamente quando il piccolo compirà 5 anni. La famiglia però non vuole pubblicità, ma la verità e per questo vuole la massima riservatezza e il rispetto della privacy”.

“Stiamo cercando di sostituire i medici sospesi per continuare a dare un servizio pubblico in una struttura alla quale si rivolge ogni anno un imponente numero di donne e gestanti”, ha detto il manager Cantaro, spiegando anche che sulla vicenda delle cartelle cliniche “c’è in corso un’inchiesta della magistratura e una nostra interna: aspettiamo quindi che si concludano entrambe prima di esprimere giudizi”.