Dichiarazioni spontanee dell'ex terrorista dei Nar nell'aula bunker di Rebibbia, lo scambio con il magistrato Luca Tescaroli. Ascoltato come testimone il sottosegretario Minniti: "L'imputato non ha avuto e non ha rapporti con i servizi segreti italiani"
“Io non rinnego nulla della mia vita, è stata quello che è stata, ho sempre pensato che è meglio avere un’idea sbagliata che nessuna idea. Non posso rinnegare i miei amici così faccio contento il dottor Tescaroli. Lui mi può anche chiedere l’ergastolo, è un suo diritto. Io ammiro la sua cattiveria professionale ma non può farmi la morale”. Lo ha detto Massimo Carminati nel corso di dichiarazioni spontanee oggi pomeriggio nell’aula bunker di Rebibbia nel processo a Mafia Capitale, riferendosi al pm Luca Tescaroli, titolare dell’inchiesta. “Non ho parlato per 40 anni ma quando mi prende e parto”. Ha proseguito ancora Carminati: “Io sono stato vittima per anni di leggende metropolitane, ma ho sbagliato perché io dovevo confutare queste cose una volta per tutte”. Carminati, quindi, cita un’altra inchiesta condotta in passato dallo stesso pm, quella sull’omicidio del banchiere Roberto Calvi.
“Nel 2010 mi sono svegliato – ha aggiunto – una mattina e sui giornali ho letto di essere l’esecutore materiale del delitto Calvi ma a quel tempo ero detenuto e se non lo fossi stato probabilmente sarei stato processato anche per quel delitto”. L’ex terrorista dei Nuclei Armati Rivoluzionari è tornato anche sul passato e sul conflitto a fuoco durante il quale rimase ferito a un occhio. “La mia vita è stata la mia vita, l’ho pagata, non mi sono lamentato quando mi hanno sparato in faccia, mi hanno abbattuto in mezzo alla strada da disarmato perché il conflitto a fuoco se l’è fatta la Digos da sola quando m’ha sparato per un processo che si sarebbe poi chiuso con 3 anni e mezzo di condanna. Tescaroli lo sa benissimo non con cinque anni si è chiuso quel processo, in Cassazione mi hanno tolto le aggravanti. Non mi sono mai permesso di fare la morale a nessuno, non mi sono neanche costituito parte civile nei confronti degli agenti perché ho riconosciuto il loro diritto di poterlo fare in quegli anni”.
Sempre oggi, ascoltato come testimone nel processo Mafia Capitale, è intervenuto anche Marco Minniti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti. “Massimo Carminati non ha avuto e non ha rapporti con i servizi segreti italiani” ha affermato Minniti, citato come testimone dall’avvocato Bruno Naso, difensore dell’ex Nar. Il sottosegretario ha precisato che “fatte le opportune verifiche presso le agenzie operanti, non risulta che Carminati sia o sia stato alle dipendenze dei servizi né che fosse una loro fonte”. E ancora: “Non risulta – ha concluso – che dipendenti dei servizi segreti abbiano avuto rapporti con lui”.