Ci saranno sovrani e ex sovrani di ogni tipo: dalle stelle del balletto come Carla Fracci e Roberto Bolle ai direttori dei più grandi teatri del mondo, dal Bolshoi alla Musikverein di Vienna fino all’ex re di Spagna Juan Carlos. Ma alla Prima della Scala con la Madama Butterfly mancheranno tutti i politici: Renzi non c’è più, Mattarella domani lo aspetta per le dimissioni, gli altri annunciati sono candidabili a Palazzo Chigi. La scorsa edizione fu quella di Renzi, che partecipò insieme alla moglie Agnese. E in quella serata c’era molto “renzismo”: da Campo Dall’Orto ai manager delle società statali. Sembra passata un’era geologica. E il caos politico e le dimissioni di Renzi da presidente del Consiglio desertificano il tappeto rosso del Piermarini: resta certo l’appuntamento più importante dell’anno per la musica lirica, resta un evento mondano tra vip, imprenditori, personaggi dello spettacolo a esporsi “in vetrina”, ma per quest’anno non sarà un crocevia politico. Doveva essere, per esempio, la prima volta del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ma il capo dello Stato dovrà seguire la crisi di governo a Roma. Dovevano esserci coloro che sono considerati prime scelte tra coloro che dovranno guidare un governo nei prossimi mesi: il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, il presidente del Senato Piero Grasso e il ministro della Cultura Dario Franceschini. Invece, salvo colpi di scena, anche loro resteranno a Roma.
La Prima nel mondo
Come sempre la Prima sarà un evento che rimbalzerà sulle tv e nei cinema di mezzo mondo: la lirica tornerà peraltro su Rai1 (dalle 17,45), dopo che negli ultimi anni la Prima era stata trasmessa su Rai5, il canale dedicato alla musica. Le immagini finiranno all’estero in Germania, Austria, Portogallo, Svizzera, Repubblica Ceca, Ungheria, Portogallo e Giappone, dove d’altra parte si ambienta la Madama. L’opera sarà trasmessa anche in 26 punti di Milano, incluso il carcere di San Vittore, dove saranno l’ex sindaco Giuliano Pisapia con la moglie Cinzia Sasso, oltre al sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore e il presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio. A seguire un “party” alternativo con il risotto cucinato dalle detenute e un menù che rende omaggio a Puccini.
L’amore disperato che accieca la Madama Farfalla
La Butterfly è la sesta opera più rappresentata al mondo, dopo Traviata, Carmen, Bohème, Flauto Magico e Tosca. Come succede a molte opere liriche, è una storia senza tempo, che potrebbe essersi consumata ieri, con le dovute differenze. In breve racconta la storia di Cio-Cio-San (che letteralmente vuol dire Madama Farfalla) che è una geisha giapponese di Nagasaki e incontra l’ufficiale americano Pinkerton. Lei si innamora alla follia, lui dopo un mese la ripudia e, dopo averla messa incinta, se ne torna negli Stati Uniti. Dettaglio: lei ha 15 anni. Ma lei, la Farfalla, niente. Come tutti gli innamorati pazzi è sicura che il suo amore ritornerà, lo dice a tutti, lo giura a se stessa. “Un bel dì, vedremo levarsi un fil di fumo sull’estremo confin del mare. E poi la nave appare”. Lui però continua a non tornare. Non torna dopo un anno, non torna dopo due anni. Torna dopo tre anni, alla fine.. Però non è solo: è con sua moglie e è tornato solo per portarsi via il bambino avuto da quella ragazza che abbandonò per educarlo secondo i canoni occidentali. I sogni di Cio-Cio-San si sbriciolano in mille pezzi. La luce si spegne. Distrutta dal dolore, dopo aver bendato il bambino, Madama Butterfly si toglie la vita tagliandosi la gola. Una storia “molto giapponese” scritta da Puccini che non era mai stato in Giappone, ma che fu aiutato dalla moglie dell’ambasciatore di Giappone.
La prima volta alla Scala nel 1904. E fu un disastro (forse premeditato)
Madama Butterfly aprirà la stagione del Piermarini 33 anni dopo l’ultima volta (Turandot, 1983). La regia sarà del lettone Alvis Hermanis, i protagonisti saranno Maria José Siri (Cio-Cio-San), Bryan Hymel (Pinkerton), Carlos Álvarez (Sharpless) e Annalisa Stroppa (Suzuki). La Madama fu allestita per la prima volta alla Scala 112 anni fa. E d’altra parte il risultato sembrava assicurato, visto che si riproponeva il “team” di Puccini con Luigi Illica e Giacomo Giacosa, autori di Bohème (8 anni prima) e Tosca( 4 anni prima). E invece la Prima fu un disastro. L’editore Giulio Ricordi raccontò di “grugniti, boati, muggiti, risa, barriti, sghignazzate”, un “linciaggio”, disse Puccini, forse premeditato, forse ordito da Sonzogno, l’editore rivale di Ricordi. E proprio quella versione viene ora riproposta dal direttore artistico Riccardo Chailly, un’operazione già proposta – e andata a segno – con la Fanciulla del West, sempre del compositore lucchese. Ma perché la Butterfly ebbe così tante versioni? Puccini era continuamente incerto e incontentabile, curava il dettaglio fino al microscopico. E questo lo portavano “spesso a subire le pressioni dell’editore – spiega lo stesso Chailly – soprattutto di fronte a un insuccesso”. Così dopo i fischi della Scala la Butterfly cambiò un po’ pelle. “Con le migliori intenzioni Giulio Ricordi e suo figlio Tito tendevano a condizionare questo loro grandissimo autore e a volte ci riuscivano”. Scegliere la versione originale ha un senso, quindi, secondo il direttore della Scala, perché ha il valore di “non essere ancora stata messa in dubbio da circostanze esterne: esito, critica, interpreti, convenzioni sociali, opportunità politiche”.
E la caratteristica più evidente di quella versione originale è che era in due atti e non in tre, un formato “moderno”. Anche in questo caso Ricordi disse a Puccini di dividerla in tre. Ma il compositore rispose: “Il dramma deve correre alla fine senza interruzioni, serrato, efficace, terribile”. Accenti renziani che parlano di velocità e ritmo. Ma il paragone appare già stonato.