Donald Trump è la “persona dell’anno” secondo la rivista Time, che ha definito il miliardario “presidente degli Stati divisi d’America”. “E’ un grande onore”, è stato il commento del magnate, che ha parlato durante un intervista con Today, programma televisivo della Nbc, che ha però ribadito di non essere il responsabile della divisone del paese. “Noi – ha continuato Trump – stiamo andando a riunirli e ad avere così un paese guarito. Abbiamo intenzione di essere una grande forza economica e vogliamo rafforzare la nostra sicurezza e la nostra potenza militare. Stiamo andando a fare tante cose importanti, qualcosa di davvero speciale”. Intervenuta poco dopo allo stesso programma tv, Nancy Gibbs, direttrice della rivista, ha spiegato che la scelta è caduta sul magnate perché ha sollevato “tante aspettative, ha rotto tante regole e ha sconfitto due partiti politici”. La direttrice ha concluso ricordando che nel mondo politico americano “non si è mai vista una persona che sia emersa in modo così poco convenzionale“.
Il tycoon è la novantesima persona dell’anno scelta dalla rivista americana: il requisito per guadagnarsi la copertina è l’aver influenzato, in meglio o in peggio, gli eventi dell’anno. “Nel caso di Trump è stato per il meglio o per il peggio? Il Paese è profondamente diviso sulla risposta”, è la spiegazione del magazine che ha sottolineato il profondo contrasto incarnato da Trump.
Difficile quindi misurare la scala del terremoto che ha portato alla sua elezione, scrive Time: “Davanti a questo barone dell’immobiliare e proprietario di casinò diventato star di un reality e provocatore senza mai aver passato un giorno da pubblico ufficiale e gestito altro interesse che non il suo, si prospettano le rovine fumanti di un vasto edificio politico che un tempo ospitava partiti, politologi, donatori, sondaggisti, tutti quelli che non lo avevano preso sul serio e non avevano previsto il suo arrivo. Sopra queste rovine Trump deve ora presiedere, nel bene o nel male”.
Quindi per Time, che aveva messo in campo undici finalisti, la scelta è stata “inevitabile”. Battuta, come l’8 novembre, la rivale nelle presidenziali Hillary Clinton. La ex segretario di Stato, arrivata seconda “ha fatto la storia per tre decenni, ma ora sarà ricordata più per quello che non ha fatto che per quel che ha fatto”, scrive il magazine.
“Una candidata donna in una elezione in cui la questione di genere dopo tutto non era al centro è diventata un simbolo in una battaglia in cui era in gioco ben altro che il simbolismo. E’ la donna che è stata quasi presidente, è quel che sarebbe potuto essere e che a un certo punto sarà davvero”.
Time fa l’autopsia della campagna fallita della Clinton. “Non sono mancate le cause letali. Le aspettative hanno mancato il target: la corsa tra la prima candidata donna plausibile e un uomo che si è vantato di “mettere le mani addosso alle donne non si è incentrata sul genere“.