Le autorità italiane, denuncia l’esecutivo di Bruxelles, devono ancora garantire il raccoglimento e il trattamento in 80 agglomerati del paese, dei 109 oggetto della prima sentenza del 2012, al fine di evitare gravi rischi per la salute umana e l’ambiente
La Commissione europea chiede per l’Italia una “una sanzione forfettaria di 62,69 milioni di euro” perché “le acque reflue urbane siano raccolte e trattate in modo adeguato, al fine di prevenire gravi rischi per la salute umana e l’ambiente”. Il riferimento va a una sentenza della Corte di Giustizia del 2012 alla quale il nostro Paese non si è adeguato integralmente. Le autorità italiane, secondo l’esecutivo europeo, devono ancora “vigilare in 80 località sulle 109”, tutte interessate dalla pronuncia dei giudici. Un motivo che ha spinto la Commissione a un nuovo ricorso. Alla sanzione forfettaria “va aggiunta una multa di circa 347mila euro per ogni giorno” di ritardo che l’Italia potrebbe accumulare a partire dalla futura sentenza. L’Italia ha quindi tempo fino al prossimo pronunciamento dei giudici europei per adeguarsi, evitando così la tagliola delle multe Ue.
Il 19 luglio del 2012 la Corte di giustizia dell’Ue aveva stabilito che le autorità italiane violavano il diritto dell’Unione Europea poiché non provvedevano in modo adeguato alla raccolta e al trattamento delle acque reflue urbane di 109 agglomerati (città, centri urbani, insediamenti), che contano oltre 6 milioni di abitanti.
La Commissione europea giustifica la sua decisione di deferire nuovamente l’Italia alla Corte di giustizia europea in quanto “a distanza di quattro anni dalla prima sentenza la questione non è ancora stata affrontata in 80 località, che contano oltre 6 milioni di abitanti. Le regioni interessate sono Abruzzo (1 località), Calabria (13), Campania (7), Friuli Venezia Giulia (2), Liguria (3 ), Puglia (3) e Sicilia (51). La mancanza di adeguati sistemi di raccolta e trattamento in questi 80 zone – afferma la Commissione Ue – “pone rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l’ambiente marino”.
Infatti, secondo quanto prevede la direttiva europea (la 271 del 1991), gli Stati membri sono tenuti ad assicurarsi che città, centri urbani e altri insediamenti raccolgano e trattino in modo adeguato le proprie acque reflue urbane. Quelle non trattate possono essere contaminate da batteri e virus nocivi e rappresentano pertanto un rischio per la salute pubblica. Tra l’altro – sottolinea Bruxelles – contengono nutrienti come l’azoto e il fosforo, che possono danneggiare le acque dolci e l’ambiente marino favorendo la crescita eccessiva di alghe che soffocano le altre forme di vita.