Lo scorso 25 novembre è uscito l’album Anche dopo che tutto si è spento, raccolta di canzoni inedite più qualche vecchio titolo di Giorgio Faletti, nel giorno in cui avrebbe compiuto sessantasei anni, a oltre due anni dalla sua morte. L’album è prodotto da iCompany – una delle realtà migliori negli ultimi anni per la musica d’autore – e Orlantibor.
Comico, autore di canzoni, attore, pilota di rally e appassionato di corse automobilistiche, tanto da curare una rubrica per un importante settimanale di settore, Faletti lo si ricorda soprattutto per l’incredibile successo che hanno avuto i suoi romanzi thriller, per esempio Io uccido (2002) e Niente di vero tranne gli occhi (2004). Per tutte queste ragioni, però, non sfugge a una regola pressoché inevitabile in Italia: la diffidenza verso l’eclettismo di chi non vuole ingabbiare la propria creatività in una sola forma artistica o espressiva, in una sola occupazione, unita all’invidia verso uno scrittore che al suo esordio vende quattro milioni di copie. Per molta parte dell’opinione pubblica italiana, tutto ciò rappresenta una colpa irrisolvibile.
Allontaniamo decisamente questa diffidenza da Anche dopo che tutto si è spento: nel disco ci sono canzoni molto belle, che stanno in piedi da sole senza troppe cianfrusaglie musicali radiofoniche: testi, melodie, armonie e ritmi di un autore felicemente ispirato, per il quale, a detta di Massimo Cotto – ottimo consulente artistico dell’intero progetto –, «di tutte le sue vite, la musica era la più importante. Avesse dovuto scegliere, non avrebbe indicato la comicità, la scrittura, lo sport, la pittura, la cucina, tutti luoghi dove eccelleva in modo impressionante e, per noi comuni mortali, deliziosamente fastidioso. Giorgio amava la canzone come niente altro». C’è da credergli senza un minimo di titubanza, visto che Faletti dimostra di saper usare benissimo l’oggetto artistico “canzone”, con un linguaggio semplice e diretto ma mai banale.
I brani si distinguono per uno uso delizioso delle rime, mai scontate ma apparentemente semplici, molto comunicative: il lancio della prima parola-rima attende sempre in maniera sapiente e ritmicamente molto felice l’arrivo della seconda; l’autore impiega il tempo delle strofe per raccontare i contenuti in maniera confidenziale, a volte sfruttando la prosaicità della parola in canzone, altre volte esaltando la misura dei ritmi della melodia, tramite un dosaggio raffinatissimo e intelligente del rapporto tra strofa e ritornello. È il caso dei brani inediti Un uomo di carattere, Va tutto bene, Confessioni di un pianoforte o Unisex, oltre ai già conosciuti Signor tenente o The show must go on, scritta per la partecipazione di Milva al Sanremo del 2007. Eclettico Faletti lo è anche nello stile, presentando ballate narrative come La corsa all’oro o momenti più intimi come Il tappeto rosso.
Anche dopo che tutto si è spento è un disco da consigliare, anche perché riconcilia la forma canzone a una dimensione più umana: un uomo che si scrive e canta i propri brani, col solo intento di raccontare delle storie come “nervi scoperti o ferite aperte”, con una egregia capacità sensibile di usare una melodia, una voce e poco altro. Per questo, mi sembra sia giusto chiudere con le parole della moglie dell’artista, Roberta Bellesini: «Ascoltando i pezzi dove la sua voce è la protagonista, non ancora accompagnata dagli arrangiamenti o quando questi ci sono ma sono abbozzati, non abbiamo potuto fare altro che prenderli con la delicatezza con cui si prende un neonato e lo si veste». Il risultato è canzone d’autore della più raffinata.