Dopo la bocciatura della riforma al referendum sono due le ipotesi più probabili sul destino dell’Italicum. Al momento, Senato e Camera hanno due leggi elettorali che sono “non omogenee”. Per Palazzo Madama vale il Consultellum, frutto della sentenza che ha bocciato il Porcellum: un proporzionale puro, con soglia su base regionale dell’8% e preferenza unica. Per la Camera, dallo scorso luglio, è in vigore l’Italicum: un proporzionale che assegna un premio di maggioranza (340 seggi, pari al 54%) a chi supera il 40% dei voti, con ballottaggio in caso di mancato raggiungimento di questa soglia. I ricorsi contro legge, votata dalla maggioranza del governo Renzi, riguardano proprio il ballottaggio, ma anche i capilista bloccati, le multicandidature, e il divieto di apparentamento tra il primo e il secondo turno.
La Corte Costituzionale potrebbe quindi orientarsi in due modi per risolvere o meno il tema dell’omogeneità dei sistemi: potrebbe in primo luogo dichiarare illegittimo il ballottaggio, lasciando in piedi il premio per chi supera il 40% (come tra l’altro prevede il ddl del deputato Pd Giuseppe Lauricella). Nelle audizioni in Senato, il 20 e 21 novembre 2014, i presidenti emeriti della Consulta Gaetano Silvestri e Giuseppe Tesauro, sostennero che è legittimo un premio per chi supera la soglia del 37% (allora era questa l’asticella dell’Italicum). Se questa sarà la sentenza, essa sarà immediatamente applicativa, perché è il ballottaggio a rendere non omogenei i sistemi che così sarebbero entrambi proporzionali, anche se uno ha un premio su base nazionale.
La seconda ipotesi è che la Consulta non si faccia carico del problema della omogeneità e si attenga al tema “decidendum”, cioè le obiezioni sul ballottaggio, giudicandolo in astratto, indipendentemente dal contesto del Senato. In tal caso esso potrebbe anche essere dichiarato legittimo, o solo integrato ad esempio con una soglia minima di partecipazione al secondo turno (il 50%). In questo scenario rimarrebbe la disomogenità dei due sistemi, non risolvibile dalla proposta di M5s di svolgere anche per il Senato 20 ballottaggi regionali, una “roulette russa”, secondo le parole del presidente emerito della Corte Ugo De Siervo. La disomogeneità rimarrebbe un tema politico anche se non strettamente giuridico che dovrebbe essere risolto dal Parlamento o con un intervento legislativo (per esempio eliminando il ballottaggio, come prevede l’accordo del Pd di novembre) oppure andando ugualmente alle urne con due modelli diversi. La Camera e il Senato sono eletti da due corpi elettorali diversi (18 anni per essere elettore della Camera, 25 per il Senato), bisogna ricordare che è la Costituzione a prevedere due sistemi elettorali diversi: infatti (art 57) il Senato “è eletto su base regionale”.
La decisione della Consulta potrebbe arrivare anche in tempi brevi: il giudice Zanon ha già avuto il tempo di scrivere la sua relazione perché l’udienza era originariamente fissata il 4 ottobre, anche se adesso i ricorsi dei tribunali sono cinque: Messina, Torino, Perugia, Trieste, Genova.