Werner Herzog con gli indigeni dell’Amazzonia in Fitzcarraldo, e con Klaus Kinski in Aguirre furore di Dio
La “verità estatica” cercata negli esterni, spazi realistici dei suoi film, da Werner Herzog è concetto noto. I limiti di questa titanica espressività sono riassunti nel blocco centrale di Fitzcarraldo (1982), quando centinaia di veri indios vennero ingaggiati per trasportare un’enorme nave, senza effetti speciali e mettendo a repentaglio la loro vita, oltre un’alta collina che collegava due fiumi. Si racconta che il crudele Werner fece costruire tre navi, di cui una da decine di tonnellate per farle valicare realmente l’imponente collina trascinata dalle comparse, grazie ad un argano progettato da un ingegnere francese che però prevedeva una pendenza solo di 20 gradi, e non di 40 come avvenne in realtà. La sequenza in cui la nave scivola sulle traversine di legno arrabattate sul set è vera. Alcune fonti dell’epoca parlano di due morti tra le comparse, ma di verificato ci sono soltanto, o comunque, diverse decine di feriti. Anche il rapporto tra Herzog e l’amato/odiato Klaus Kinski rivela l’intima crudeltà del regista tedesco nel portare all’esasperazione il realismo recitativo dei propri attori. Se Herzog fece rimanere per ore e giorni Kinski su una zattera in balia delle correnti in Aguirre furore di Dio (1972), le reazioni isteriche e folli di Kinski non si fecero attendere, come del resto era già successo in Fitzcarraldo. Reazioni talmente eclatanti che un manipolo di indios peruviani, comparse in Aguirre, si offrirono al regista per uccidere Kinski. Herzog ci pensò a lungo, almeno raccontano i suoi biografi, ma rispose di no.