La Commissione Ue ha aperto una procedura d’infrazione contro Germania, Gran Bretagna, Lussemburgo, Spagna, Grecia, Lituania e Repubblica Ceca, per non aver non aver comminato penalità ai produttori auto che hanno violato le norme dell’Unione sulle emissioni. L’accusa è aver omologato i modelli Volkswagen con i software che truccavano le emissioni e non aver dato informazioni alle autorità europee.
Nel frattempo arrivano altre grane per il costruttore tedesco. Il Tar del Lazio ha respinto la richiesta di sospensione della sanzione da parte di Volkswagen Group Italia, confermando la multa da 5 milioni di euro che era stata comminata all’azienda lo scorso agosto in seguito all’accusa di pratica commerciale scorretta riguardo alla vicenda della manipolazione delle emissioni inquinanti dei motori diesel.
In particolare, come rese noto l’Antitrust, la sanzione riguarda “la commercializzazione sul mercato italiano, a partire dal 2009, di autoveicoli diesel (con codice identificativo EA189 EU 5) la cui omologazione è stata ottenuta attraverso l’utilizzo di un software in grado di alterare artificiosamente il comportamento del veicolo durante i test di banco per il controllo delle emissioni inquinanti”.
Volkswagen Group Italia aveva fatto ricorso, sostenendo in una nota di aver “collaborato con la massima apertura e trasparenza, rendendosi disponibile sia in sede di audizioni, sia producendo le informazioni e la documentazione richiesta dall’Autorità, al fine di consentire l’accertamento dei fatti”.
Il Tribunale Amministrativo ha tuttavia ritenuto non esistenti i presupposti per la sospensione del provvedimento sanzionatorio, “considerato che la sanzione pecuniaria risulta già corrisposta e che la condotta è cessata il 15 settembre 2015“, che “le ulteriori deduzioni delle ricorrenti sul punto non sono condivise dal collegio, in quanto i profili legati alla notorietà dell’evento e alla reputazione del gruppo industriale Volkswagen non sono legati esclusivamente al provvedimento impugnato”, che “le conseguenze in campo penale la perdita di occasioni commerciali che le ricorrenti invocano risultano allo stato indimostrate e comunque eventuali“.