Ci sono corde che ci legano saldamente a una cosa che continuiamo a chiamare tradizione e ci sono corde e strumenti che servono a misurare la nostra distanza da quel passato e da quella tradizione: è il caso di Giancarlo Erra, musicista romano emigrato dieci anni or sono in Inghilterra, per realizzare il suo sogno di diventare musicista professionista. Oggi è il frontman dei Nosound, band progressive rock che è entrata a far parte del rooster della Kscope, nota etichetta indipendente londinese, con la quale hanno lanciato il nuovo album, il quinto capitolo della loro discografia, intitolato Scintilla.
Composto da dieci brani caratterizzati da un minimalismo stilistico di cui uno, Sogno e incendio, è cantato in italiano da Andrea Chimenti (che molti ricorderanno per la sua militanza nei Moda, uno dei primi gruppi new wave italiani) è un disco che segna in modo più marcato il percorso e soprattutto il presente e futuro dei Nosound. I brani parlano di rabbia e tristezza, ma in essi si ritrova anche una visione positiva della vita (come in Celebration of Life, con Vincent Cavanagh degli Anathema alle chitarre) e la copertina, con la bambina che gioca in uno di quei momenti di gioia intensa che da piccoli tutti proviamo, è un’immagine che trova un senso solo alla fine dell’ascolto dell’album, che è inteso come un percorso.
“I temi affrontati nelle canzoni sono tutti autobiografici – afferma Giancarlo Erra – perché per carattere so usare solo la musica per esprimere le mie emozioni. Riconosco di non esserne capace altrimenti, sia verso gli altri, sia verso me stesso. Scrivere è terapeutico, mi permette di parlare a me stesso in modo diretto senza la paura o la vergogna rappresentata dalla semplice parola, che è troppo diretta e allo stesso tempo troppo limitata per me. Ed è questo il motivo per cui sono sempre alla ricerca di una purezza compositiva in termini di ispirazione”.
Scintilla è, infatti, un lavoro emotivamente complesso e musicalmente diretto con influenze post rock, shoegaze e del cantautorato alternativo. “Il nuovo logo della band – spiega Erra –, un orecchio collegato direttamente a un cuore, definisce in modo sintetico quella che è oggi la nostra musica”, che non parla alla pancia con facili emozioni, né alla testa con complessità musicali fini a se stesse, ma è ispirata a un minimalismo compositivo tipico dei Paesi del Nord. Segno che Giancarlo Erra, musicista in fuga, difficilmente farà ritorno nel nostro Paese.