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“Ecco perché il tempo sembra passare velocemente quando stiamo bene”

La scienza potrebbe aver trovato la spiegazione neurobiologica di questo mistero. In uno studio su topi pubblicato su Science, i ricercatori del Centro Champalimaud di Lisbona hanno osservato che i neuroni che rilasciano dopamina hanno un ruolo nel modo in cui viene percepito il tempo
“Ecco perché il tempo sembra passare velocemente quando stiamo bene”
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Tempus distensio animae sosteneva Sant’Agostino. Per secoli la percezione soggettiva del tempo ha impegnato le riflessioni di filosofi e artisti. Ma perché il tempo sembra passare rapidamente quando ci divertiamo e rallentare quando siamo annoiati? La scienza potrebbe aver trovato la spiegazione neurobiologica di questo mistero. In uno studio su topi pubblicato su Science, i ricercatori del Centro Champalimaud di Lisbona hanno osservato che i neuroni che rilasciano dopamina hanno un ruolo nel modo in cui viene percepito il tempo.

La dopamina è una sostanza chimica prodotta dal cervello associata con i centri del piacere e coinvolta nella ricompensa, e i neuroni dopaminergici che la rilasciano si trovano in una struttura profonda del cervello chiamata substantia nigra pars compacta, che, se danneggiata altera la percezione del tempo, come si vede nei malati di Parkinson.

Per approfondirne il ruolo, i neuroscienziati hanno insegnato topi a stimare se la durata di un intervallo tra due suoni fosse più o meno lunga di 1,5 secondi. Attraverso la fluorescenza hanno quindi misurato, mentre gli animali svolgevano il compito, i segnali che indicano che i neuroni della pars compacta sono attivi: si è visto che maggiore era l’aumento di attività dei neuroni quando un suono era udito, più gli animali tendevano a sottostimare la durata dell’intervallo e viceversa. Per capire se fosse l’attività dei neuroni a causare l’alterazione della percezione del tempo, il team ha utilizzato impulsi di luce (optogenetica) per stimolare o inibire i neuroni. “Stimolando i neuroni, i topi tendevano a sottostimare la durata. Viceversa inibendoli la sovrastimavano. Ciò dimostra che l’attività di questi neuroni da sola può alterare la percezione del tempo”, ha spiegato Joe Paton, principale autore dello studio.

Lo studio su Science

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