di Marco Marangio

Caro Matteo,
finalmente è finita. Se non altro è giunta al termine questa campagna referendaria. Da quando sei divenuto capo del governo sono trascorsi, approssimativamente, mille giorni. Mille giorni in cui hai dato una prova qualitativa della tua figura di premier.

Da cittadino, da ex elettore di centrosinistra ed anche da giornalista, ricordo il giorno in cui mi sono recato, con molti dubbi ma con qualche spicciolo di speranza, per esprimere la mia preferenza per la segreteria. Così come ricordo benissimo la tua agguerrita scalata alla gerarchia del Partito democratico: dialetticamente più grillino dei grillini, nemico dei costi della politica e della casta, convinto sostenitore dei giovani e del lavoro. Per questo, benché non votassi Pd dall’ormai lontano 2008, nel 2013 sono “tornato” esclusivamente per scegliere te. Scelsi te perché credevo potessi realmente scardinare gli ordini precostituiti di un partito immobile e sordo a ogni avvertimento.

Così attesi che tu trasformassi le tue promesse, i tuoi “j’accuse”, in fatti concreti. Peccato che hai, invece, disatteso te stesso fin da subito: dapprima hai detronizzato Letta con un #enricostaisereno prendendone il posto (quando per mesi avevi sostenuto che un tuo potenziale governo sarebbe dovuto passare necessariamente dalle urne); poi hai firmato con Berlusconi il patto del Nazareno (lo stesso Berlusconi che tu stesso avevi denigrato ed attaccato prime delle primarie); ti sei attorniato di giovani, ma legati ai poteri forti (gli stessi poteri forti da te demonizzati in epoca montiana); hai tolto ai giovani la dignità del lavoro, sostituendola con i voucher (quando per anni hai sostenuto che non si poteva creare economia del lavoro con i co.co.co). Si potrebbe continuare ancora, fra “buona scuola”, Jobs Act, bail in e tentativo (respinto) di scardinare la Costituzione. Proprio sulla riforma costituzionale hai puntato ogni tuo ultimo sforzo, ogni tua strategia comunicativa, riassumendo in essa tutte le cifre della tua condotta politica. Pertanto, hai dimostrato anche e sopratutto, con la vittoria finale con il 60% del fronte del No (me compreso), che il tuo peggior nemico altro non sei che tu stesso.

Credo, caro Matteo, che se non avessi disatteso le promesse fatte durante la scalata del Pd, molte cose sarebbero cambiate. E in meglio. Eppure hanno prevalso la tua arroganza, il tuo mal riposto senso di superiorità, la tua volontà nel circondarti di personaggi come De Luca e Verdini, la tua indistinta lotta contro tutti fra sindacati, insegnanti e magistrati.
Se non avessi costruito, in questi anni, un profilo così autarchico e democraticamente tracotante, ad oggi, saresti un leader minimamente rispettabile. Invece hai permesso a te stesso di fare, in poco più di mille giorni, ciò che Berlusconi ha fatto in qualche decade diventando quasi la sua ombra democristiana, tante sono le assonanze.

Cosa resta di questi mille giorni? Resti tu, contro te stesso e quello che avresti potuto fare in meglio ed invece hai fatto, in peggio.
Qualsiasi cosa accada dopo le tue dimissioni, una cosa è certa: non mollerai la politica. Se non altro, concediti una pausa da te stesso. Potresti trarne giovamento.

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