L'indagine della procura della Repubblica di Bologna era partita dalle denunce di un comitato di cittadini di Ripoli, un paesino nell'appennino bolognese. I residenti avevano visto infatti le proprie case iniziare a muoversi e a creparsi proprio a seguito dell'inizio degli scavi del lungo tunnel, entrato poi in funzione nel dicembre 2015
Si è chiusa definitivamente con un’archiviazione l’inchiesta per frana colposa relativa ai lavori per la galleria Val di Sambro lungo la Variante di Valico. L’indagine della procura della Repubblica di Bologna era partita dalle denunce di un comitato di cittadini di Ripoli, un paesino nell’appennino bolognese. I residenti avevano visto infatti le proprie case iniziare a muoversi e a creparsi proprio a seguito dell’inizio degli scavi del lungo tunnel, entrato poi in funzione nel dicembre 2015. Una quarantina di persone avevano dovuto, per precauzione, abbandonare le loro abitazioni. Ora, dopo oltre cinque anni di indagini e consulenze tecniche, il giudice per le indagini preliminari Rita Zaccariello ha messo fine all’inchiesta che era sempre rimasta a carico di ignoti.
Il gip ha infatti condiviso la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero Morena Plazzi. Quest’ultima aveva sottolineato nella sua richiesta che “sono state evidenziate lacune che riguardano proprio le valutazioni di entità, consistenza, natura” della zona in cui si sarebbe dovuto scavare. Tuttavia con i mezzi tecnici a disposizione al momento della progettazione, partita alla fine degli anni Ottanta, non era facile individuare quelle frane e, come scrissero i consulenti tecnici, “i lavori di progettazione si basarono sul materiale conoscitivo a disposizione allora”. C’è insomma insomma, secondo la pm, “l’obiettiva difficoltà nel definire con quali strumenti conoscitivi i progettisti dell’opera avrebbero dovuto/potuto correttamente individuare le precise caratteristiche geomorfologiche di quell’area appenninica”. Un’area che “è tutt’ora oggetto di indagine e validazione, a causa della complessità delle formazioni coinvolte”.
Nel gennaio 2015 una prima richiesta di archiviazione era stata rimandata indietro alla Procura da parte del gip Andrea Scarpa, che aveva chiesto di ricercare ulteriormente eventuali responsabilità da parte di chi avesse portato avanti la progettazione. Ma dopo altri mesi di indagini la Procura è arrivata nuovamente alle stesse conclusioni: non si può attribuire a nessuno la colpa di quella frana riattivata dagli scavi della Variante di valico. “Appare pertanto condivisibile la conclusione cui è pervenuto il pm – ha scritto il gip Zaccariello – sull’impossibilità di attribuire una responsabilità soggettiva penalmente rilevante per quanto concerne l’attivazione dei movimenti franosi verificatisi nel territorio di Ripoli”. Inoltre il gip concorda con il pm nel sottolineare come la concessionaria della grande opera Autostrade per l’Italia e le ditte che hanno scavato per suo conto, “al prodursi di tali movimenti franosi (…) hanno tempestivamente adottato le iniziative e le misure tecniche più idonee ed efficaci per monitorare il fenomeno e limitare le conseguenze dannose”.
Ripoli era diventato infatti il paese più monitorato d’Italia, con misuratori topografici montati su quasi tutte le abitazioni. La frana su cui il paese era poggiato, che aveva intensificato i suoi movimenti con il passare degli scavi (per poi rallentare gradualmente una volta finiti i lavori), aveva fatto muovere anche i piloni del viadotto Rio Piazza, a monte del paesino, su cui passa la vecchia Autostrada del Sole.
Guido Magnisi, avvocato difensore di Autostrade per l’Italia, commentando la decisione del gip spiega come l’azienda sia “molto soddisfatta del risultato”. Il legale, osservando che così come per la prima richiesta di archiviazione, non c’erano state opposizioni delle parti, ha commentato: “Si tratta di un’annosa vicenda, oggi conclusasi nel migliore dei modi. Definitivamente”. Diverso il parere del geometra Dino Ricci, residente a Ripoli e da sempre animatore del Comitato che ha fatto partire l’inchiesta: “Questi movimenti franosi, movimenti lentissimi, non si fermeranno finché noi viviamo. Sono milioni di metri cubi di terra che hanno un’inerzia tale che nessuno può dire quando si fermeranno. Va anche detto che sono tre anni che non fa una stagione piovosa importante e questo concorre a rallentare i movimenti, ma quando dovessero arrivare piogge importanti, sicuramente gli effetti potrebbero esserci”.