Niente tasse ridotte per gli alberghi e i pensionati gestiti da enti religiosi o no profit, se non offrono prezzi “significativamente ridotti” rispetto a quelli di mercato. Lo ha deciso la corte di Cassazione dando ragione all’Agenzia delle Entrate contraria all’Ires ridotta per l’Istituto delle Rosine di Torino, grande pensionato vicino al polo universitario. Secondo il tribunale, se le strutture vogliono godere di tassazione agevolata, devono offrire prezzi ridotti rispetto a quelli di mercato altrimenti alterano il “regime di libera concorrenza” e usufruiscono di un beneficio che non gli spetta e che si tramuta in un “aiuto di Stato“, svantaggiando gli imprenditori privati del settore alberghiero.
Ad avviso della Suprema Corte, la commissione tributaria del Piemonte nel 2015 aveva sbagliato ad annullare l’avviso di accertamento, per la maggiore imposta Ires inviato dal fisco all’Istituto delle Rosine, sulla base della sola considerazione che si sarebbe trattato di “una struttura ricettiva che accoglie esclusivamente studentesse lavoratrici per brevi periodi di tempo con evidenti obiettivi sociali”. L’Agenzia delle Entrate aveva fatto ricorso in Cassazione sottolineando che la tassazione ridotta non può prescindere da una valutazione e ricognizione dell’attività “concretamente svolta” dalle tante strutture ricettive gestite direttamente da enti religiose o da cooperative non profit.
Per i supremi giudici, le obiezioni avanzate dall’Agenzia delle Entrate hanno colto nel segno. “Analogamente a quanto affermato in materia di Ici – sottolinea la Cassazione – lo svolgimento di attività di assistenza o di altre attività equiparate, senza le modalità di una attività commerciale, costituisce il requisito oggettivo necessario ai fini dell’agevolazione e va accertato in concreto, con criteri di rigorosità, e, dunque, verificando le caratteristiche della ‘clientela’ ospitata, della durata dell’apertura della struttura e, soprattutto, dell’importo delle rette, che deve essere significativamente ridotto rispetto ai ‘prezzi di mercato’, onde evitare una alterazione del regime di libera concorrenza e la trasformazione del beneficio in un aiuto di Stato”. Adesso la Commissione tributaria del Piemonte dovrà rivedere la decisione con la quale aveva accusato l’Agenzia delle Entrate di usare una logica “troppo restrittiva” nel valutare i criteri per la detassazione.