In manette un imprenditore, Rosario Firenze, e un geometra, Salvatore Sciacca. Entrambi sono accusati di associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni, turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di beni. Indagati anche due funzionari del comune di Castelvetrano (Trapani)
Continua a stringersi il cerchio intorno a Matteo Messina Denaro. Dopo gli arresti del 30 marzo contro personaggi ritenuti fiancheggiatori del boss di Castelvetrano i carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani e del Ros hanno arrestato un imprenditore, Rosario Firenze, e un geometra, Salvatore Sciacca. Entrambi sono accusati di associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni, turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di beni. L’ipotesi della Dda di Palermo è che pilotassero gare d’appalto nel settore dei lavori pubblici a favore di Firenze e il denaro ricavato finisse nelle tasche del boss latitante. Ad altri quattro imprenditori edili di Castelvetrano è stata notificata la misura del divieto di esercitare l’attività d’impresa, mentre quattro persone, tra le quali due funzionari del Comune di Castelvetrano e due fratelli di Firenze, sono stati notificati avvisi di garanzia.
Firenze, 45 anni, è in carcere, mentre il gip ha disposto i domiciliari per Sciacca. La misura cautelare del divieto di esercizio dell’ attività imprenditoriale è stata notificata agli imprenditori Giacomo Calcara, Benedetto Cusumano, Fedele D’Alberti e Filippo Tolomeo, tutti di Castelvetrano. L’attività fin dal gennaio 2014, ha permesso di documentare la “vitalità” del clan mafioso di Castelvetrano, soprattutto la capacità di infiltrazione nel settore dei lavori pubblici. Firenze, nonostante il provvedimento interdittivo emesso dalla Prefettura di Trapani tempo fa, era riuscito, attraverso l’intestazione delle società ai fratelli, a partecipare alle gare d’appalto per l’assegnazione dei lavori pubblici come la realizzazione della condotta fognaria di via Maria Montessori, la manutenzione ordinaria di strade e fognature comunali nel 2014 e la demolizione di fabbricati fatiscenti all’interno dell’ex area autoparco comunale di Piazza Bertani.
L’imprenditore, secondo gli inquirenti, sarebbe riuscito anche ad aggiudicarsi subappalti da ditte compiacenti alle quali, grazie alle protezioni di cui godeva all’interno dell’ufficio tecnico del Comune di Castelvetrano, vista la sua vicinanza a Cosa nostra, ha fatto assegnare numerosi pubblici incanti, intervenendo sulla presentazione delle percentuali d’offerta a base d’asta. Per la Dda il costruttore da anni era diventato uno degli imprenditori edili di riferimento della mafia nel territorio del Belice, versando periodicamente somme di denaro ai familiari del boss Messina Denaro per il sostentamento della sua latitanza e delle esigenze del clan. Sciacca, dipendente della ditta di Firenze, la Firenze Massimiliano Sas, manteneva i rapporti con i dirigenti comunali, insieme ai due fratelli del costruttore e ai a quattro imprenditori edili castelvetranesi titolari di due imprese satelliti, la Concordia Costruzioni e la Multicostruzioni soc. Le due ditte e il complesso aziendale sono stati sequestrati: il valore i beni sequestrati è di 6 milioni di euro.
All’inchiesta hanno contribuito le rivelazioni dell’aspirante collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, parente acquisito del capomafia. Secondo cui l’imprenditore avrebbe rapporti con la sorella del boss, Patrizia Messina Denaro. Proprio di recente, la moglie di Lorenzo Cimarosa, Rosa Filardo, cugina di Messina Denaro, in una intervista tv aveva tuonato pubblicamente: “Basta con la mafia, la mafia non porta né sviluppo, né ricchezza. Con la mafia, la popolazione e i giovani non hanno futuro. Proteggiamoli i nostri giovani”. Nell’album del suo matrimonio conserva ancora una foto con il cugino boss. Matteo Messina Denaro è fra lei e il marito. Lorenzo Cimarosa, su sua stessa ammissione, era diventato il bancomat del latitante. Ora, fa i nomi di alcuni insospettabili, ha accusato alcuni familiari, ha offerto spunti per le ricerche del latitante. E oggi le sue parole hanno portato all’operazione antimafia della Dda di Palermo.