di Carblogger

Nei giorni scorsi sono circolate parecchie notizie riguardanti il futuro delle vetture elettriche, che hanno preso spunto da due rapporti, pubblicati rispettivamente dalla banca UBS e dagli analisti di IHS Markit, ripresi dal Financial Times e da Reuters. Il tema è assai rilevante; in particolare trovo interessante, e un pizzico divertente, il confronto tra il punto di vista dei costruttori e quello dei petrolieri.

Secondo UBS, entro dieci anni il diesel scomparirà dal mercato mondiale delle autovetture, soprattutto nei grandi centri metropolitani, lasciando il campo all’ibrido e all’elettrico, che già nel 2025 peseranno per oltre un quarto dei veicoli venduti. Secondo IHS Markit, i veicoli elettrici rappresenteranno tra il 15 ed il 35 percento del mercato entro il 2040, una previsione a dir poco bizzarra dal momento che tra un valore e l’altro passa una differenza di milioni di veicoli.

In ogni caso, i risultati dei due studi più o meno coincidono. “Significant advances in battery technology, financial support from governments, regulations and values of millennials will be key factors leading to increases in electric vehicle adoption” ha spiegato il responsabile di IHS Jim Burkhard, precisando che in alcune regioni, come Europa e Cina, più della metà dei veicoli venduti entro il 2040 saranno elettrici.

Tali conclusioni non divergono da quelle della maggior parte dei costruttori (si vedano le recenti interviste rilasciate da Dieter Zetsche di Mercedes, Harald Krüger di Bmw e Mark Fields di Ford, mentre Sergio Marchionne resta comprensibilmente scettico), che già nella prossima decade, grazie anche ad un’accelerazione del car sharing e della guida autonoma, prevedono uno “shift” significativo verso l’elettrico.

L’industria petrolifera, che pure sta investendo ingenti risorse finanziarie per appropriarsi di fonti rinnovabili, sostiene invece che l’elettrico, almeno per i prossimi vent’anni, non giocherà un ruolo decisivo. L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha dichiarato: “Electric cars, they can grow, but I don’t think that is a problem (for us). When we talk of electric cars, we are talking about the OECD (le 35 nazioni più industrializzate), more than 1.3 billion people have no electricity“, un punto di vista largamente condiviso dal gruppo delle nuove “sette sorelle” (oltre ad Eni, Exxon, BP, Shell, Chevron, Total e ConocoPhillips). Le quali, per elettrico ed ibrido plug-in, prevedono una quota inferiore al 10 percento e hanno pubblicamente ammesso di non aver tenuto conto nei loro calcoli del potenziale impatto delle nuove tecnologie sulla domanda di petrolio. In controtendenza la compagnia petrolifera norvegese Statoil, forse perché lì già oggi un veicolo su tre viene venduto elettrificato.

Difficile dire adesso chi ha ragione, ma poiché oltre la metà del petrolio estratto al mondo viene usato per il trasporto, gli analisti sostengono che una previsione pessimistica per il mercato delle vetture elettriche equivale ad avere una visione ottimistica circa la domanda, e di conseguenza i prezzi, del petrolio. Tutti concordano che un ruolo decisivo sarà giocato dall’evoluzione dei consumi in Cina, dove nei primi dieci mesi dell’anno, grazie ai sussidi del governo, sono state venduti oltre 300mila veicoli elettrici ed ibridi.

Sia per Exxon che per BP, nei prossimi anni ci sarà una decisa accelerazione nel possesso di un’auto nuova da parte dei cinesi. Anche se per Mary Barra, ceo di Gm, “China is going to lead in the penetration of electric vehicles into the market“. In altre parole, il rischio per i petrolieri è che per l’auto in Cina avvenga, come per le telecomunicazioni, un salto tecnologico. Cioè che dal nulla si passi direttamente alla mobilità elettrica, con un adoption rate molto più rapido rispetto a quello del mondo occidentale.

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