Televisione

Politics chiude, Gianluca Semprini: “E’ stato un fallimento e la colpa è mia”. Ma l’addio è con polemica

Nel suo discorso finale (durante il quale si è tolto quale sassolino), Semprini si rivolge a Daria Bignardi: per fare una rivoluzione non ci si può arrendere alle prime difficoltà, ai primi fallimenti. Certo, tre mesi di tranvate settimanali all'Auditel sono stati duri da digerire, ma forse è vero che si poteva e si doveva lavorare sul prodotto

di Domenico Naso

Diciamo la verità: Politics, il programma di RaiTre che avrebbe dovuto rivoluzionario il logoro genere dei talk di approfondimento politico, è stato un fallimento netto e inequivocabile. Lo sa benissimo anche Gianluca Semprini, che martedì sera ha salutato il (poco) pubblico, ufficializzando la chiusura anticipata con un commiato finale molto diretto: “Politics chiude in anticipo. Come si diceva a Sanremo? ‘Comunque vada sarà un successo’? Questo purtroppo è stato un fallimento. La colpa è soprattutto mia, mi prendo responsabilità. Vi avevo promesso, tra il serio ed il faceto, che a domande precise avrei ottenuto risposte precise dai politici: non ci sono riuscito e ovviamente mi avete punito in termini di share. Però questa redazione, tutta la squadra di Politics, è stata equidistante. Nel referendum, fra il sì ed il no, hanno scelto il forse dandovi un’informazione pulita. Questo lo rivendico“. E non sono mancate alcune risposte alle tante critiche ricevute da settembre a oggi: “Ho ricevuto una marea di critiche. Alcune giuste e legittime. Alcune ingenerose, altre vergognose. C’è stato un quotidiano che fino a metà giugno mi considerava un brano giornalista, poi appena ho firmato con la Rai sono diventato un servo del governo. E va bene, ci può stare. Altri hanno addirittura infiltrato una spia nella nostra redazione, chissà cosa dovevano scoprire. Alla fine hanno proprio esagerato: hanno scritto che noi sfruttavamo i casi di malati di tumore e diabete. Nella mia storia personale c’è un papà morto di tumore e una sorella morta di diabete: non vi dovete permettere. Non fate lezioni di moralità”.

Che si è trattato si fallimento lo sa anche Daria Bignardi, direttrice di RaiTre, che infatti ha staccato la spina sin troppo presto a un progetto su cui aveva puntato tanto (forse addirittura troppo). Era sbagliata la formula, non c’era ritmo, veniva dato troppo spazio a giornalisti commentatori e retroscenisti, venendo meno di fatto alla promessa della vigilia di offrire al telespettatore i fatti e soprattutto le risposte precise da parte dei politici ospiti in studio.

È un peccato, visto che Gianluca Semprini era e resta un bravissimo giornalista, che a SkyTg24 aveva dato prova di una professionalità cristallina e rigorosa, quasi anglosassone. Sulle qualità professionali di Semprini non c’è davvero nulla da obiettare. Sul programma che ha messo in piedi, invece, si poteva e si può dire molto. Sin dalla prima puntata, anche qui avevamo segnalato i problemi strutturali di un format che non ingranava, non funzionava, non invitava il pubblico a seguire. Doveva essere una rivoluzione, è stata un bibitone di Xanax continuo. Niente risse né pollai, avevano promesso. E va bene così, è giusto così, perché il talk da combattimento ha francamente stufato e ha contribuito non poco all’imbarbarimento del dibattito politico degli ultimi anni. Ma tra la gazzarra indegna e la catalessi può e deve esserci una via di mezzo. Ed è qui che ha fallito principalmente Politics. Non ha saputo trovare una terza via, e in realtà forse non l’ha nemmeno cercata con abbastanza convinzione. Peccato, dicevamo. Per Semprini, ma anche per i tanti bravi giornalisti che componevano la redazione. Tantissimo capitale umano e professionale sprecato. Gli ascolti sono stati bassissimi, quasi umilianti.

Ma davvero non c’era alternativa alla chiusura anticipata? Nel suo discorso finale, durante il quale si è tolto quale sassolino, Semprini ha detto però una cosa condivisibile, rivolgendosi direttamente a Daria Bignardi: per fare una rivoluzione non ci si può arrendere alle prime difficoltà, ai primi fallimenti. Certo, tre mesi di tranvate settimanali all’Auditel sono stati duri da digerire, ma forse è vero che si poteva e si doveva lavorare sul prodotto, reinventarlo, magari metterlo in ghiacciaia per qualche settimana e poi tornare con una nuova formula. Chiudere la baracca, certificando di fatto un fallimento totale di uno dei progetti di punta della rete, forse è stata la soluzione peggiore. Anche perché il giornalista romano paga colpe che in parte non gli appartengono, primo fra tutti il clima politico, con i primi tre mesi della trasmissione coincisi con la lunga ed estenuante campagna referendaria che giocoforza ha intruppato anche Politics, penalizzando il progetto oltre i suoi stessi demeriti.

Ora Semprini si mette a disposizione della Rai (con la quale ha un contratto a tempo indeterminato) e già c’è chi prevede per lui un impegno a RaiNews. Sarebbe un altro errore clamoroso, però, visto che purtroppo RaiNews non è ancora riuscita a raggiungere gli standard qualitativi che meriterebbe e far pascolare un purosangue come Semprini in un recinto così piccolo è uno spreco di risorse umane di dimensioni cosmiche. Lo hanno voluto in Rai a tutti i costi, sfidando polemiche infinite anche interne all’azienda, e ora lo parcheggiano così? Neppure il proverbiale tafazzismo di viale Mazzini potrebbe giustificare una castroneria simile. Semprini esce da Politics con le ossa rotte, ma resta comunque il professionista che la Rai ha strappato a Sky con fior di quattrini e che ora dovrebbe essere utilizzato in maniera proporzionale all’aspettativa che si aveva solo pochi mesi fa su di lui.

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