Prima di lasciare l'incarico a causa dell'avviso di garanzia, l'ex assessore ha fatto in tempo a far approvare la nuova macrostruttura della municipalizzata che gestisce i rifiuti della capitale: promossi alcuni manager in precedenza declassati e anche un indagato in Mafia Capitale. Allontanato chi aveva avuto attriti con lei. Il Pd attacca: "Restaurazione M5s". Per Raggi ennesimo problema: il direttore generale vuole abbandonare Ama
Una decina di pedine apicali rinnovate, amici e persone fidate messe in posti di comando a poche ore dalla dimissioni, subito prima di uscire (chissà se per sempre) dalla giunta di Virginia Raggi. Il colpo di coda dell’ormai ex assessora Paola Muraro rischia di scatenare un terremoto in Ama, l’azienda che gestisce il ciclo dei rifiuti a Roma: al punto che mentre il Pd parla di “restaurazione M5s”, l’attuale dg Stefano Bina ha minacciato le dimissioni. E perdere anche il dg della municipalizzata nel momento in cui la sindaca si trova già a gestire un complicato interim per l’addio dell’assessora all’Ambiente, per il governo della Capitale sarebbe un vero problema.
L’ULTIMO ATTO DELLA MURARO – Lunedì pomeriggio, dopo aver ricevuto la notifica dell’avviso di garanzia dalla procura, Paola Muraro ha presentato le dimissioni che la sindaca Raggi ha poi annunciato nel cuore della notte con un video su Facebook. Prima, però, aveva trovato il tempo di far approvare la nuova macrostruttura dell’Ama: la rotazione di dirigenti e quadri aziendali, firmata dall’amministratore unico Antonella Giglio. Un vero e proprio “spoil system”, come lo hanno definito opposizioni e sindacati. “Siamo di fronte ad una serie di nomine effettuate a prescindere dal merito, senza alcuna vera selezione, che premiano dirigenti ridimensionati dal precedente assessment (la valutazione effettuata da una società esterna) o che addirittura avevano già raggiunto un accordo con l’azienda per il loro allontanamento”, denuncia Natale Di Cola, segretario della Fp Cgil Roma.
“RITORNO ALL’ERA ALEMANNO” – A far discutere non è solo la tempistica ma anche il contenuto della nuova macrostruttura, i nomi dei dirigenti premiati o declassati. Il più controverso di tutti è quello di Alessandro Muzi, che ha lavorato per anni negli impianti e nel 2008 era finito al centro di pesanti intercettazioni da parte della procura di Velletri (ormai per l’inchiesta è probabile la prescrizione): molto vicino alla Muraro (era stato lui ad accompagnare l’assessora nel suo primo blitz a Rocca Cencia), il 31 dicembre avrebbe dovuto lasciare l’azienda; è appena stato nominato responsabile degli impianti. Emiliano Limiti, ex direttore Tari poi retrocesso agli acquisti, indagato in Mafia Capitale prima di essere archiviato, diventa il nuovo responsabile della gestione amministrativa. A qualcun altro, invece, è andata peggio: Pietro Zotti, legato agli ambienti del Partito Democratico e già protagonista di attriti con l’assessora, è stato improvvisamente allontanato dalla direzione industriale. In totale sono circa una decina le posizioni di vertice coinvolte nel valzer. Per questo il Pd parla di “forte aria di restaurazione nelle due grandi aziende pubbliche romane”: “La rivoluzione grillina assomiglia a un ritorno al passato della giunta Alemanno”, attacca la consigliera Ilaria Piccolo. Mentre Orlando Corsetti (protagonista oggi in aula di una rissa con i colleghi del M5s) chiede la “sospensione di un atto illegittimo”.
IL DIRETTORE BINA IN BILICO – Il problema per Virginia Raggi, però, non sono tanto le proteste dell’opposizione quanto i malumori interni all’azienda: il colpo di mano della Muraro ha portato il dg Stefano Bina a minacciare le dimissioni. Secondo indiscrezioni ci sarebbe stato addirittura un intervento di Beppe Grillo in persona (che aveva caldeggiato la sua nomina in estate) per farlo desistere. In giornata il dg è stato visto in Campidoglio insieme all’amministratore Giglio: al momento non risulta essere dimissionario, il vertice sarà decisivo per il suo destino. Proprio l’addio della Muraro (i due non si sono mai piaciuti) potrebbe indurlo a rimanere. La sua posizione resta comunque in bilico, non foss’altro perché il suo mandato scade il 31 dicembre: l’intenzione era quella di partecipare al prossimo bando (che ancora non è stato pubblicato), nell’attesa si parlava di una possibile proroga. Ora tutto torna in discussione. Persino la stessa macrostruttura varata dalla Muraro, su cui si sta valutando una possibile retromarcia o almeno degli accorgimenti. L’ordine di servizio, però, è stato firmato, le nomine sono già operative: per annullarle ci vorrebbe un altro atto ufficiale. In un caso o nell’altro, gli equilibri interni ad Ama rischiano di spezzarsi: “Comunque vada, la partita non si chiuderà in maniera indolore”, avvertono voci dall’interno dell’azienda. “Ci sono troppi nomi legati alla destra e alla gestione Alemanno lasciati in posizioni importanti. Finché c’era la Muraro, la sua figura garantiva l’ordine: ora che se n’è andata sarà il caos”.