Almeno mille cittadini, mamme e bambini, partiranno il 26 dicembre da Berlino, a piedi, destinazione finale Aleppo, Siria, dove il caos in rapida evoluzione ha una sola costante: l’uccisione di civili. E’ la Civil March for Aleppo, una marcia dei civili per i civili. Una staffetta a tappe lunga 3600 chilometri, tre mesi e mezzo attraverso la rotta balcanica percorsa dagli esuli, ma al contrario. Germania, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia, Croazia, Serbia, Macedonia, Grecia, Turchia, Siria. Tutti i cittadini di ogni Paese sono invitati a partecipare, anche solo per un giorno.
“Non ne possiamo più di stare a guardare e sentirci impotenti. Vogliamo mettere pressione, spingere gli esperti a trovare il prima possibile una soluzione. I civili ad Aleppo e in tutta la Siria devono essere protetti e messi in grado di ricevere aiuto”, spiegano gli organizzatori, un team composto da una cinquantina di europei. Sono under 35, generazione Erasmus, hanno studiato e si sono formati nell’Europa unita, parlano almeno tre lingue e su Facebook hanno amici da tutto il mondo.
È così, grazie a una rete costruita negli anni, che l’ideatrice della marcia, Anna Alboth, giornalista polacca residente a Berlino, classe 1985 (qui il suo video appello), ha messo su in poche ore un team di volontari che lavora all’organizzazione giorno e notte da un mese a questa parte. Tedeschi e polacchi soprattutto, ma anche portoghesi, olandesi, italiani.
Si sono divisi i compiti: c’è il team logistica, la squadra legale, quella dei pr, il team sicurezza, quello in contatto con le organizzazioni locali, i grafici che hanno fatto il logo e il sito.
“Marcia suicida?” ha titolato il sito americano di news The Daily Beast. Viene da pensarlo. Il piano è inclemente. A piedi, in pieno inverno, zaino in spalla, ognuno per sé. “Ognuno deve essere autosufficiente, dovete assicurarvi di avere tutto ciò che vi serve per un’esperienza sicura” scrivono gli organizzatori sulla loro pagina Facebook, che contiene un vademecum sul vestiario e gli attrezzi indispensabili. “Stiamo lavorando – continuano – per assicurare sistemazioni lungo il percorso ma non possiamo garantire che sarà fattibile dappertutto e per tutti. A volte, in zone remote, potrebbe non esserci altra possibilità che dormire fuori. Per chi non l’avesse mai fatto d’inverno, non è uno scherzo e dovete venire preparati”.
Cosa accadrà una volta al confine con la Siria? “Potremmo non arrivarci. Il nostro scopo non è raggiungere Aleppo, ma pretendere che sia garantita la protezione ai civili che si trovano là. Vedremo se raggiungeremo questo scopo prima di arrivare in Siria” fanno sapere gli organizzatori a ilfattoquotidiano.it. Alla marcia chiedono di unirsi anche molti rifugiati siriani presenti in Europa. Al punto che gli organizzatori hanno precisato sulla pagina Facebook: “Fatelo solo nei Paesi in cui potete stare legalmente. Non rischiate per unirvi a noi”.
Uno di questi è certamente Akil, 50 anni, da un anno ospite dell’organizzatrice della marcia, Anna, e di suo marito Thomas Alboth, nell’appartamento di Berlino in cui vivono con le loro due bambine. Anna spiega: “Akil è molto commosso all’idea della marcia. Anche lui mi ha dato un sacco di consigli: sulla rotta, sul camminare in sé. Verrà anche lui. Non sa ancora quanto camminerà. Sicuramente inizierà con noi a Berlino”.