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Corruzione, lo studio: “Sempre più in Comuni e Regioni”. Dopo Mani pulite 64 parlamentari coinvolti in indagini

Lo studio diretto dal sociologo Rocco Sciarrone (Università di Torino) per la fondazione Res ha analizzato 580 sentenze di Cassazione e 104 richieste di autorizzazione a procedere negli ultimi vent'anni. Nel tempo il sistema delle mazzette si è decentrato verso gli enti locali e frammentato dai grandi partiti alle cricche politico-affaristiche, sempre più spesso in contatto con la criminalità organizzata. Campania e Lombardia le regioni più "colpite". E la collocazione politica? Centrodestra (52%) batte centrosinistra (28%)

La corruzione politica è in crescita, sempre più decentrata e privatizzata. Tangentopoli non ha insegnato nulla: molti politici corrotti hanno fatto carriera a cavallo dell’ondata di arresti, la maggior parte dopo. Sono ben 64 i parlamentari invischiati in storie di corruzione dal 1994 oggi, in un fenomeno che ruota sempre meno attorno ai partiti e riguarda sempre di più reti politico-affaristiche, con un coinvolgimento crescente di esponenti della criminalità organizzata. È questo il ritratto che emerge dal rapporto “La corruzione politica al Nord e al Sud. I cambiamenti da Tangentopoli ad oggi” curato dal professor Rocco Sciarrone, tra i massimi esperti di mafie in Italia, per la Fondazione Res.

La ricerca ha scandagliato le sentenze della Corte di Cassazione dal 1995 al 2015 e le autorizzazioni a procedere nei confronti di parlamentari e ministri a partire dal 1994, per un totale di 580 sentenze della cassazione e 104 richieste di autorizzazione.

Dalla ricerca emerge “un quadro inquietante”. La corruzione cresce in tutto il paese e soprattutto nel Mezzogiorno, sempre più intrecciata alle carriere politiche nei Comuni e nelle Regioni. Quasi la metà dei politici coinvolti (oltre il 40%) fa carriera a cavallo tra il pre e post Tangentopoli. La quota meno rilevante di politici corrotti è uscita di scena con Mani Pulite (26,6%) mentre quasi un terzo del totale (31,6%) ha avviato la sua carriera dopo quello spartiacque. Poco o nulla è dunque cambiato, soprattutto al Sud, dove sono più numerosi i politici corrotti del post-Tangentopoli. Dal punto di vista regionale il fenomeno risulta più diffuso in Campania, Lombardia, Sicilia, Calabria e Puglia. Poco cambia anche guardando gli schieramenti politici che dal 1994 in poi, seppure con percentuali diverse, vedono invischiati politici sia di centrodestra (52%) che di centrosinistra (29%).

Con il decentramento politico e amministrativo si è decentrata anche la corruzione. Ma mentre si è “federalizzato”, il fenomeno ha anche cambiato forma. Prima di Tangentopoli finalizzata soprattutto a sostenere i partiti, dopo Mani Pulite la corruzione è orientata soprattutto a ingrassare gli interessi privati. “Le reti che veicolano gli scambi appaiono sempre più ‘privatizzate’ cioè orientate al perseguimento dei vantaggi personali” scrivono i ricercatori. Scambi meno “politicizzati” non equivalgono però a maggiore frammentazione. La corruzione non è quasi mai affare per pochissimi, si sviluppa piuttosto attraverso reticoli affaristici, cricche sempre più spesso in affari con colletti bianchi e criminalità organizzata.

Più sindaci e meno parlamentari. Se cresce la schiera dei primi cittadini corrotti, diminuisce invece quella degli eletti alle Camere, coinvolti in 22 vicende nell’ultimo decennio. Il quadro è comunque ben poco edificante: su un totale di 227 autorizzazioni a procedere del Parlamento dal 1994 ad oggi, quasi la metà ha riguardato fatti di corruzione, con il coinvolgimento di ben 64 tra deputati e senatori. Ma i ricercatori avvertono: lo studio non rileva il numero di tutti i parlamentari coinvolti in fatti di corruzione, perché dopo la riforma del 1993 sull’immunità l’autorizzazione è richiesta solo per l’utilizzo delle intercettazioni o in caso di arresti e sequestri. Quindi potrebbero essere di più.

Attraverso una metodologia originale, che censisce ogni scambio illecito che coinvolge direttamente un attore politico anche all’interno di altri reati, come l’associazione mafiosa, il concorso esterno in associazione mafiosa o il voto di scambio, la ricerca tratteggia un quadro della corruzione che si discosta dalle statistiche Istat e rivela dettagli interessanti. Come la crescita di vicende di corruzione in presenza della criminalità organizzata (18%) soprattutto al sud (28%).

Più in generale, guardando ai dati della Cassazione, il rapporto rivela un forte aumento dei reati associativi in cui si annidano vicende di corruzione. Un’emersione del fenomeno in faccende di mafia che non dipende solo da una diversa strategia repressiva degli organi di contrasto, ma dalla natura stessa della corruzione, che si presenta sempre più “organizzata” e intrecciata ad altre forme di criminalità.

Secondo il rapporto, la corruzione cambia nel suo complesso, ma mantiene delle differenze tra Nord e Sud del paese. Ad esempio al Nord appare più ricca e coinvolge un numero maggiore di consulenti e professionisti. Nelle regioni settentrionali sono molto più numerosi gli scambi occulti per beni che superano i 500mila euro di valore, mentre nel meridione si scambiano soprattutto favori e voti: il doppio (35%) rispetto al nord (18%), dove nonostante un calo generale continua ad essere diffusa la classica mazzetta.

Infine il profilo del corrotto-corruttore. I politici corrotti italiani sono soprattutto “politici di professione”, uomini di circa cinquant’anni, in possesso di elevati titoli di studio. Per corrompere o essere corrotti occorrono esperienza e relazioni, competenze che si acquisiscono in anni di presenza in politica. Con il ricambio generazionale, al Nord si sta affermando un numero sempre maggiore di imprenditori, anche con titoli di studio più bassi, mentre nel meridione crescono le figure di liberi professionisti con titoli di studio elevati. Infine un dato di genere: sui 541 politici censiti dalla ricerca, solo 14 sono donne, per un percentuale sensibilmente inferiore a quella della presenza femminile nei vari livelli degli organi di governo.