La rielaborazione della verità viene affidata a un cartone animato su www.linguaveneta.it. Il protagonista, Dino da Sandrà, sostiene che il plebiscito “è stato inutile e ridicolo: boni tutti di vincere la schedina sapendo già il risultato delle partite”. E accusa lo stato “piemontese” di aver portato solo fame e miseria, al punto da costringere milioni di veneti ad emigrare
La rielaborazione della verità storica viene affidata alla leggerezza di un fumetto, per questo apparentemente più innocuo: Dino da Sandrà, un ragazzotto dai capelli riccioluti e biondi che si esprime rigorosamente nel dialetto ora rivalutato al rango di lingua. Lo fa spaziando nel passato di queste terre per attingere alle antichissime radici del popolo veneto e sentenziare che per esso, dopo la fine della Serenissima Repubblica, a causa dello stato “piemontese” ci fu solo fame e miseria, al punto da costringere milioni di veneti ad emigrare. “Pensate che i veneti hanno affiancato per due volte gli austriaci per evitare di finire a mangiare la bagnacauda degli italiani-piemontesi. E hanno vinto tutte e due le volte. Ma alla fine gli italiani hanno sconfitto gli austriaci e nel 1866 c’è stato un plebiscito per l’annessione del Veneto all’Italia”, denuncia Dino sotto lo sguardo perplesso di Camillo Benso, conte di Cavour. Poi, con linguaggio più consono a un gruppo di venetisti incalliti che a un sito ufficiale della Regione, ecco l’affondo. “E’ stato un plebiscito inutile e ridicolo, infatti due giorni prima un generale francese che faceva da arbitro aveva già firmato l’annessione del Veneto all’Italia. Boni tutti di vincere la schedina sapendo già il risultato delle partite”.
Insomma, una vera accusa di brogli e di accordo internazionale sulla testa dei veneti, che riecheggia la tesi sostenuta da Ettore Beggiato (già consigliere regionale della Lega) nel libro “1866, la Grande Truffa”, che con scalpore qualche mese fa è stato distribuito nelle biblioteche proprio dalla Regione Veneto che invece alla celebrazione del 150esimo anniversario dell’unificazione non ha dedicato alcunché. E nella lettera accompagnatoria, proprio Roberto Ciambetti scriveva: “L’opera ripercorre le vicende del 1866, descritte dagli storici prezzolati dai Savoia come un evento addirittura della Provvidenza. L’autore cerca di far parlare i documenti e le testimonianze dell’epoca…”.
Nel sito anche Dino da Sandrà (ovvero l’autore del fumetto) ripercorre ciò che accadde dopo l’avvento dei Savoia: “… una miseria mai vista, tasse da fogo, pensa solo alla tassa sul macinato fatta apposta per bastonare i ‘poareti‘, pensa alla Leva obbligatoria che toglieva il meglio delle braccia alle famiglie che non sapevano più come coltivare la terra… un disastro. Infatti i veneti hanno cominciato a scappare da quella miseria e ad emigrare in tutto il mondo. E no due veneti , o tre o quattro, Alberto da Pesena, la Maria da Rovigo, il Mario pitor. Due milioni che all’epoca era una cifra enorme perchè in totale i veneti erano tre milioni. Hanno lasciato la loro terra per l’Europa, l’America, l’Australia”.
Epitaffio: “Bisogna aspettare il Dopoguerra per vedere la rinascita del Veneto, grazie alla dedizione per il lavoro di questa gente, diventato centro di eccellenza del commercio mondiale e la ‘locomotiva d’Italia’”. Così sentenzia Dino da Sandrà, nella veste surreale di portavoce storico-linguistico della Regione Veneto, prima di andare all’osteria a bere un bicchiere di Amarone della Valpolicella. Un grande vino (veneto) che dà alla testa.