Anna Frank non è stata tradita da una soffiata, ma potrebbe essere stata “scoperta per caso” nell’appartamento dove si era nascosta con la famiglia al numero 263 di Prinsengracht ad Amsterdam. In quel nascondiglio, la giovane ebrea tenne un diario che fu pubblicato dopo la guerra e ne fece un simbolo delle vittime dell’Olocausto. Fino ad oggi la tesi più accreditata raccontava che la giovane ebrea e i suoi familiari fossero stati segnalati da una telefonata anonima ai servizi di sicurezza nazisti. Un nuovo studio pubblicato dal museo di Amsterdam che porta il suo nome, nonostante decenni di ricerche, mette in dubbio questa versione dei fatti. Ronald Leopold, direttore esecutivo del museo, afferma che il rapporto “mostra come altri scenari dovrebbero essere considerati”.
Una possibile teoria è che la scoperta del nascondiglio della famiglia, il 4 agosto del 1944, sia avvenuta nell’ambito di un’indagine sugli impieghi illegali e sulle tessere per il razionamento del cibo nella casa sul canale dove Anna e altri ebrei si nascosero per oltre due anni. Due uomini che lavoravano nell’edificio erano coinvolti nei buoni pasto falsificati, spiega la ricerca. Furono arrestati all’inizio del 1944 e poi rilasciati, come mostrano alcuni documenti e come racconta la stessa Anna Frank nel suo celebre diario. Gli arresti furono segnalati ad una squadra investigativa dell’Aja e il rapporto del museo sottolinea che “durante le loro attività giornaliere gli investigatori del dipartimento si sono spesso imbattuti per caso in ebrei che vivevano in clandestinità“.
L’altra ipotesi emersa dalla ricerca è che il blitz delle truppe tedesche rientrava in un’indagine su persone alle quali era consentito lavorare per impedire che venissero chiamate ai lavori forzati e inviate in Germania. “Un’azienda dove si lavorava illegalmente e due rappresentanti arrestati per truffa potevano far correre il rischio di attirare l’attenzione delle autorità”, si legge nel rapporto. “La possibilità del tradimento non è stata esclusa del tutto – precisa il museo – ma non esistono prove certe di un collegamento tra questo e gli arresti”. Anna, il padre, la madre e le sue sorelle, i tre membri della famiglia Val Pels e il dentista Fritz Pfeffer furono arrestati e deportati ad Auschwitz, dove l’unico che sopravvisse fu il padre Otto. Anna morì nel campo di concentramento di Bergen Belsen nel 1945 a 15 anni, poco prima dell’arrivo degli Alleati.