I buoni giornalisti, così come i buoni politici, sono utili alla democrazia. È questa la lezione che Beppe Grillo dovrebbe trarre dal caso Raggi-Marra. Invece che continuare a definirli   “morti che camminano” o  “gossippari pennivendoli” il leader del Movimento 5 stelle dovrebbe ringraziare e scusarsi con tutti quei cronisti che, a partire da quelli de L’Espresso, hanno svelato gli affari immobiliari di Raffaele Marra. Giornalisti che, come spesso accade, fanno solo il loro dovere e, come in questa storia (non sempre) si dimostrano migliori del blog di Beppe Grillo, più efficaci della Casaleggio Associati e più utili del M5s nella formazione della conoscenza e coscienza dell’opinione pubblica. Non scrivo questo commento per dire: noi giornalisti siamo meglio di Grillo e dei suoi seguaci che ci insultano.

Scrivo perché vorrei mettere in guardia i nostri lettori e i suoi elettori sul fatto che le idee di Beppe Grillo sui giornalisti sono pericolose per la democrazia e che il caso Marra-Raggi ne è la migliore cartina di tornasole.

Ora che le carte della Procura di Roma sono state in parte depositate è possibile fare chiarezza su un punto chiave di questa storia: le indagini e il successivo arresto di Marra per i 367mila euro forniti dal costruttore Sergio Scarpellini per l’acquisto della casa intestata alla moglie sono partite dopo i pezzi de L’Espresso.

Emiliano Fittipaldi pubblica il 14 settembre il primo pezzo sull’acquisto anomalo di una casa a 728mila euro mentre un appartamento identico nello stesso stabile era stato venduto a un milione e 200mila euro nello stesso periodo. Già questo sarebbe dovuto bastare a Virginia Raggi per mollare il suo dirigente ma la sindaca andò avanti e confermò Marra alla direzione del personale.

Nonostante Beppe Grillo – questo va riconosciuto al leader del M5s – la mise in guardia. Poi, il 28 ottobre, Fittipaldi pubblica il secondo pezzo nel quale ricostruisce i rapporti tra il Comune di Roma e il costruttore Fabrizio Amore, indagato per turbativa di gara. In quel pezzo descrive anche l’acquisto da parte della moglie della casa Enasarco a 375 mila euro. Ovviamente Fittipaldi non sa e non può sapere che quei soldi sono stati messi a disposizione da Scarpellini e il focus del suo articolo non è chi ha pagato ma lo sconto ottenuto da Enasarco. Dieci giorni dopo, l’8 novembre del 2016, il procuratore aggiunto Paolo Ielo incontra i dirigenti dell’ l’UIF e chiede ai segugi di Bankitalia di fargli sapere tutte le movimentazioni finanziarie di Marra. Il 30 novembre l’UIF risponde e scrive a Ielo che la casa è stata pagata con assegni circolari coperti da Scarpellini. A quel punto – dopo aver verificato che dai flussi dei conti correnti non risulta che i soldi siano stati restituiti – parte la richiesta d’arresto.

I pm mettono Marra in galera per il secondo acquisto ma ricordano nella richiesta di arresto anche il primo, nonostante sia ormai prescritto perché è del 2009. Se Marra è un virus, è evidente che in questa storia il M5s introduce il virus nella vita politica romana e la stampa lo individua e lo isola mentre la magistratura lo rimuove.

Il primo acquisto scontato mezzo milione da Scarpellini è stato scoperto dalla stampa e Virginia Raggi si è girata dall’altra parte. Il secondo acquisto, effettuato con 375mila euro di Scarpellini probabilmente è stato scoperto anche grazie alla stampa. Cosa ha da dire Beppe Grillo su questa prova della categoria dei ‘dead man walking‘?

Il punto non è se siano meglio i politici M5s o i giornalisti. Non si tratta di fare classifiche di utilità sociale o di etica pubblica. Per dire, non si conoscono giornali che abbiano rifiutato i contributi che spettavano per legge alla loro testata come il M5s ha rifiutato decine e decine di milioni di rimborsi elettorali.

Il punto è che i buoni giornalisti sono utili alla democrazia come lo sono i buoni politici. Il vecchio sistema, un po’ acciaccato dal tempo, nel quale esiste un quarto potere che controlla gli altri tre è ancora il migliore su piazza. Nonostante i conflitti di interesse degli editori, nonostante la crisi, nonostante la concorrenza del web, per scoprire che Marra non ha pagato la casa è stato più utile un giornalista di una società editoriale tradizionale, con tutti i suoi vizi e difetti, di un blogger grillino.

La colpa di Grillo in questa storia non è solo quella di avere scelto e supportato Virginia Raggi, definita da chi scrive nell’aprile scorso un candidato senza le carte in regola per guidare Roma. La colpa è anche quella di avere illuso i suoi elettori sul fatto che – per informarsi – sia meglio leggere un post sul suo blog che un articolo su L’Espresso o sul Fatto Quotidiano.

Quando abbiamo analizzato le omissioni di Virginia Raggi nelle sue comunicazioni pubbliche prescritte dalla legge Severino sia sul suo curriculum (praticantato presso lo studio di Cesare Previti) sia sui suoi incarichi (Asl di Civitavecchia), il M5s si è chiuso a riccio per difenderla.

Un esponente di spicco del M5s in quei giorni, dopo avermi garantito la sua presenza alla presentazione del mio libro ‘Il Potere dei segreti‘ a Roma, insieme a Michele Emiliano, non si presentò sostenendo che non aveva ricevuto gli sms e le mail che confermavano l’incontro. Il M5s non gradisce i giornalisti che trovano le notizie o che pongono le domande. Come ha spiegato una volta Grillo preferiscono i monologhi o le passerelle da Bruno Vespa.

Quando sul Fatto abbiamo descritto e documentato i metodi poco ortodossi con i quali Virginia Raggi ha messo nell’angolo il suo rivale alle comunarie, Marcello De Vito, ci hanno bollato come ‘gossipari’. Quando abbiamo raccontato gli scheletri negli armadi di alcuni assessori (i rapporti di Fiscon con Paola Muraro e i peccati fiscali di Paolo Berdini) non abbiamo ricevuto apprezzamenti ma solo critiche.

Dopo il primo scoop de L’Espresso su Marra, invece di spiegare le ragioni della permanenza di un simile personaggio in Campidoglio, Grillo nell’incontro di Palermo preferì insultare in coro con Julian Assange la stampa accorsa ad ascoltarlo. Avrebbe fatto meglio a rivolgere i suoi strali verso il palco. In questa storia la stampa ha fatto il suo dovere di controllo. Il M5s no.

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