Al centro dell'inchiesta, come riporta Repubblica, c'è la cantina di Pantelleria, fondata dall'ex titolare Dc dell'Agricoltura nel 1999. I Nas hanno prelevato bottiglie e campioni per gli accertamenti. "Divulgare la notizia dell'indagine senza non avere ancora fatto i test comporta un grave danno". Nel 2012 l'azienda subì un attentato
Una nuova indagine a quasi venticinque anni dalla prima grana giudiziaria della sua carriera. E questa volta non c’entra il concorso esterno a Cosa nostra e nemmeno la Trattativa tra pezzi dello Stato e la mafia. L’ex ministro della Dc Calogero Mannino è infatti indagato per adulterazione e vendita di sostanze alimentari non genuine dalla procura di Marsala. Al centro dell’inchiesta – raccontata dall’edizione palermitana di Repubblica – c’è la cantina Abraxas di Pantelleria, fondata dall’ex ministro dell’Agricoltura nel 1999. L’azienda, che si estende per 26 ettari di terreno coltivato e produce 90mila bottiglie all’anno, è finita al centro di una perquisizione ordinata lo scorso 2 dicembre dall’ufficio inquirente guidato da Vincenzo Pantaleo.
I carabinieri del Nas si sono materializzati in contrada Kuddia, a Pantelleria, e nella sede palermitana dell’azienda, senza ritrovare sostanze vietate ma prelevando bottiglie e campioni dalle vasche conservate in cantina: saranno ora i periti ad esaminarli. L’indagine prende spunto da intercettazioni “attivate in seno ad altro procedimento ed acquisite al presente quale notizia di reato”, dalle quali emergerebbe “la possibilità che l’indagato utilizzi sostanze chimiche pericolose nel processo di vinicoltura”.
“Sono fortemente amareggiato dalla decisione di rendere pubblica l’indagine quando ancora devono analizzare i campioni prelevati in cantina”, dice Mannino al fattoquotidiano.it. “Avrei capito se avessero trovato sostanze dannose, ma alla vigilia delle festività natalizie si pongono il problema del danno commerciale che fanno alla cantina? Senza considerare che sono arrivato in ufficio e sono stato perquisito personalmente, come un criminale comune”, dice l’ex ministro, che poi ricorda il giallo dell’attentato subito nel 2012.
“Sono entrati in cantina – dice – ed hanno versato per terra 700 ettolitri di passito, un danno da 750mila euro: per tre anni non abbiamo avuto vino da vendere. Ma la procura ha archiviato tutto, nonostante abbia sottolineato quanto fosse strana quell’effrazione”. In che senso strana? “Chi è entrato in cantina avrebbe potuto farlo da due porte, da tre portoni che si aprono con uno spintone, cinque finestre che sono ad altezza di uomo: e invece questi sono entrati con un atto di forza organizzata perché hanno rotto un muro fatto di cemento armato. Per questo dico che non può essere stata solo una persona: abbiamo presentato un esposto alla procura della Repubblica”, dice Mannino, che è difeso dagli avvocati Nino Caleca e Marcello Montalbano.
Già negli anni scorsi la procura di Marsala contestava all’ex leader della Sinistra Dc l’appartenenza ad un’associazione a delinquere finalizzata alla frode vinicola: inchiesta è poi approdata ad un doppio proscioglimento in primo e secondo grado. Risale invece a pochi giorni fa l’appello depositato dalla procura di Palermo contro l’assoluzione di Mannino, imputato con il rito abbreviato per violenza o minaccia ad un corpo politico dello Stato: secondo la ricostruzione dell’accusa si devono all’ex ministro le prime pressioni per aprire il primo “contatto” con Cosa nostra nel 1992. Nel novembre del 2015 la gup Marina Petruzzella lo ha dunque assolto per “non aver commesso il fatto”.