A distanza di quattro giorni dalla morte di Giuseppe Scarso, l’ottantenne aggredito nella sua abitazione a Siracusa l’1 ottobre scorso, la polizia ha fermato uno dei presunti assassini. Si tratta di Andrea Tranchina, 18 anni, siracusano, accusato di omicidio in concorso.
Il provvedimento, emesso dalla Procura di Siracusa, è stato eseguito dagli agenti della Squadra mobile. Un secondo provvedimento di fermo è stato emesso anche nei confronti di un altro giovane, che al momento risulta irreperibile. Un terzo giovane è al momento solo indagato. I due, secondo gli inquirenti, nella notte del 1 ottobre, avrebbero aggredito il pensionato nella sua abitazione al ronco II di via Servi di Maria, a Siracusa: prima picchiandolo e poi dandogli fuoco dopo avergli cosparso addosso liquido infiammabile. Scarso, ricoverato subito all’ospedale Cannizzaro di Catania, è morto il 16 dicembre dopo due mesi e mezzo di sofferenze. Il reato ipotizzato dal procuratore Francesco Paolo Giordano, che inizialmente era di lesioni gravissime, è stato così trasformato in quello più grave di omicidio volontario aggravato.
L’ottantenne è morto dopo due tentativi di bruciarlo vivo andati a vuoto nel giro di 48 ore. Il terzo invece gli è stato letale. I raid compiuti dai teppisti iniziarono – ricorda l’Ansa – il 28 settembre scorso quando qualcuno riuscì ad aprire la porta dell’abitazione a pianterreno dell’uomo, che viveva con una pensione di invalidità, cospargendolo di liquido infiammabile e dando fuoco al pavimento. Ma quella volta Scarso riuscì a spegnere le fiamme. Il giorno successivo l’ uomo, insieme al fratello, denunciò l’aggressione ai carabinieri. Ma 24 ore dopo, poco prima della mezzanotte, tre persone incappucciate entrarono nuovamente nell’appartamento e gettarono liquido infiammabile sul petto e sull’orecchio dell’anziano, che anche questa seconda volta riuscì ad evitare il peggio e se la cavò con lievi ustioni. Le persecuzioni però continuarono. E il primo ottobre i criminali usarono l’alcol contenuto in una bottiglietta per lanciarglielo sul viso, sulla testa e sulla spalla. Don Pippo, come era chiamato nel quartiere, chiese aiuto a un vicino, che avvertì il 118 e la polizia. Fu così trasportato in ospedale. Dove è morto dopo una lenta agonia.