Diritti

Mondiali calcio 2022 in Qatar, ancora lavoro forzato. E l’Italia ci gioca la Supercoppa

Il 12 dicembre è entrata in vigore, trionfalmente annunciata dalle autorità del Qatar come il provvedimento che avrebbe posto fine allo sfruttamento dei lavoratori migranti, la Legge n. 21 sull’entrata, l’uscita e la residenza dei cittadini stranieri.

Un provvedimento reso necessario dalla scadenza di marzo 2017, quando l’Organizzazione internazionale del lavoro deciderà se il Qatar avrà fatto abbastanza per impedire il lavoro forzato, ma anche dalla pubblicità negativa che il paese sta ricevendo rispetto alla condizione d’impiego delle centinaia di migliaia di lavoratori migranti impegnati nella costruzione degli stadi e delle infrastrutture per i mondiali di calcio del 2022. Nei prossimi due anni verranno costruiti almeno otto stadi, per non parlare degli alberghi e dei sistemi di trasporto.

Amnesty International, che già nove mesi fa aveva denunciato in un rapporto che oltre 230 lavoratori impiegati nella costruzione dello stadio internazionale Khalifa e nel complesso sportivo Aspire erano sottoposti a sfruttamento e in alcuni casi a lavoro forzato, ha esaminato la nuova legge ed è giunta alla conclusione che le modifiche apportate sono solo superficiali.

La nuova legge sostituisce quella del 2009 sulla sponsorizzazione, generalmente identificata come una delle principali cause dello sfruttamento dei lavoratori migranti. Tuttavia, tre aspetti della nuova legge presentano ancora rischi di sfruttamento e persino di lavoro forzato:
– per cambiare impiego nel corso di un contratto, della durata tipica di cinque anni, i lavoratori avranno ancora bisogno del permesso del loro datore di lavoro, senza il quale rischieranno di essere accusati del reato penale di “latitanza“;
– per lasciare il paese, i lavoratori dovranno ancora chiedere il permesso del datore di lavoro, che potrà negarlo; in caso di ricorso, deciderà una commissione governativa;
– i datori di lavoro potranno trattenere i passaporti dei lavoratori, un’azione in precedenza illegale e che d’ora in poi potrà essere facilmente intrapresa dai datori di lavori per proseguire lo sfruttamento.

Inoltre, la nuova legge non incide minimamente sulla situazione di migliaia di lavoratrici e lavoratori domestici che restano esclusi da ogni forma di protezione.

Ciò che manca ancora, dunque, è una riforma complessiva delle leggi sul lavoro che abolisca senza ambiguità l’obbligo del permesso per lasciare il paese, vieti del tutto la confisca dei passaporti ed esenti i lavoratori dalla richiesta di dover ottenere il permesso del datore di lavoro per cambiare impiego. Questa riforma dovrebbe chiederla anche chi ha affidato i Mondiali di calcio del 2022 al Qatar: la Fifa, il cui presidente Gianni Infantino, nell’ottobre 2016, ha sostenuto che gli organi di governo del calcio dovrebbero usare la loro influenza per affrontare i rischi relativi ai diritti umani “con la stessa determinazione con cui perseguono i loro interessi commerciali”. Dovrebbero chiederla anche le grandi squadre che si allenano e giocano in Qatar, contribuendo in questo modo a fare del paese un centro di élite del calcio mondiale.

Il 23 dicembre si giocherà in Qatar la Supercoppa italiana tra Juventus e Milan. Le due società vorranno esprimere a chi le ospita il desiderio di giocare in un ambiente rispettoso dei diritti umani?