Non hanno diagnosticato un tumore alla coscia destra di una ragazza morta a 26 anni e ora su di loro pende una richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo e cooperazione nel delitto colposo. La richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pm di Cremona Carlotta Bernardini, vede imputati due medici: Paolo Poggi dallo scorso novembre responsabile del servizio di radiologia alla “Maugeri” di Pavia (primario del reparto di radiologia dell’azienda ospedaliera di Lodi fino all’agosto 2016) e Brunello Pazzoni medico dello sport che ha avuto in cura la giovane donna presso il centro medico diagnostico “San Lorenzo” e il centro medico polispecialistico “Medicina Domani” di Crema.
La vicenda che vede protagonista Ilaria Oleotti, laureata in arti visive alla “Naba” di Milano, scomparsa il 26 maggio dello scorso anno, ha inizio nel settembre del 2013 quando la giovane comincia a sentire un dolore al ginocchio destro.
In prima battuta va da una massoterapista senza ottenere alcun beneficio. Prova a sottoporsi alle cure di una fisioterapista ma anche in questo caso il dolore non passa. È a quel punto che Ilaria si rivolge al dottor Pazzoni: “Nell’arco di nove mesi, dal dicembre 2013 al settembre 2014, mia figlia – spiega papà Gian Antonio Oleotti, difeso dall’avvocato Marcello Campisani – ha eseguito sei visite e sei ecografie con il dottor Pazzoni e una risonanza magnetica nucleare presso il centro “San Lorenzo” con il dottor Paolo Poggi per un nodulo al ginocchio e coscia destra continuamente interpretato come ematoma, stravaso ematico. In questi nove mesi la massa tumorale è aumentata notevolmente e sono inoltre comparse metastasi linfonodali inguinali e la gamba destra è diventata sempre più visibilmente gonfia al punto da bloccare la normale deambulazione di Ilaria”. Una via crucis per la giovane che non è riuscita a salvarsi: “Il ritardo diagnostico – continua il padre – ha influito sulla prognosi della malattia e ha stroncato la vita di Ilaria a 26 anni. Quando il 18 dicembre 2013 è stata fatta la risonanza a mia figlia, il tumore c’era già ma non è stato visto”.
Una ipotesi anche della procura che ha chiesto il processo per i due medici: “In cooperazione colposa tra loro Pazzoni e Poggi non diagnosticando la patologia da cui era affetta la giovane non hanno consentito il corretto trattamento terapeutico intrapreso con un ritardo di circa nove mesi cagionando la morte per colpa consistita in negligenza, imperizia, imprudenza e violazione delle leggi dell’arte medica”. Secondo la Procura in particolare Poggi non avrebbe interpretato correttamente le immagini relative alla risonanza eseguita nel dicembre del 2013 omettendo di svolgere gli indispensabili approfondimenti né fornendo alla diretta interessata il referto con ulteriori specificazioni e indicazioni di eventuali percorsi clinici. Pazzoni a sua volta avrebbe omesso di richiedere la necessaria consulenza specialistica ortopedica oltre a non aver valutato il progressivo accrescimento della massa e il peggioramento delle condizioni della paziente “perseverando per mesi nella prescrizione di trattamenti FKT per il trattamento di ematomi nonostante il continuo accrescimento delle dimensioni della neoformazione”.
Accuse respinte dall’avvocato Antonino D’Alessandria, difensore di Pazzoni: “Riteniamo che il dottore non abbia alcuna responsabilità. Nel corso del processo cercheremo di provare che non c’è alcuna colpevolezza. Al momento argomentare ciò è prematuro ma neghiamo decisamente fin da ora l’omissione”. L’avvocato Rossella Camperi, difensore di Poggi, contattata dal fattqouotidiano.it ha preferito non rispondere. Ora la parola passa al giudice Christian Colombo per l’udienza preliminare fissata il 9 febbraio prossimo.