Legge elettorale di corsa per andare al voto il prima possibile? Col cavolo. Per il Pd, il M5s e Forza Italia si può aspettare tranquillamente la sentenza della Corte Costituzionale, cioè il 24 gennaio. Fino a quel giorno il Parlamento non discuterà di legge elettorale. Più precisamente: di nessuna legge elettorale. La decisione è stata presa a maggioranza in commissione Affari costituzionali della Camera. Ciascuno dei tre partiti maggiori ha motivazioni diverse, ma la linea è comune: si perderà un altro mese, sia per la scrittura di un nuovo sistema di elezione sia nella promessa – già flebile – di non arrivare al 2018 e di interrompere prima la legislatura. “Purtroppo il miraggio del vitalizio per alcuni vale di più della volontà espressa dagli elettori il 4 dicembre – dice Massimiliano Fedriga, capogruppo della Lega Nord alla Camera – Non vogliono andare al voto presto, vogliono arrivare più in là possibile”. Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) replica che “non si può fare del populismo legislativo: discutere prima della decisione della Consulta sarebbe una sterile esercitazione di tecnica parlamentare. Come accaduto per il Porcellum la Consulta potrebbe intervenire in modo tranchant sulla legge elettorale per la sola Camera, rendendo vano ogni sforzo precedente”. Quello che però si dimentica Sisto è che una base di partenza c’è già, è il Mattarellum proposto da Matteo Renzi e subito accolto da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. E il Mattarellum non c’entra niente con l’Italicum (che sarà giudicato dalla Consulta) e non è mai stato dichiarato incostituzionale. A Forza Italia, comunque, non piace. Berlusconi lo ha detto chiaramente durante il ricevimento al Quirinale: “Il Mattarellum ha funzionato in uno schema di bipolarismo. Oggi abbiamo tre poli. Penso ad un modello proporzionale condiviso”.
Il dibattito nell’ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali è durato quasi il tempo di sedersi. Stefano Quaranta (Sinistra Italiana) ha sollecitato una discussione sulla riforma dell’Italicum. E giustamente tutti hanno replicato che la Consulta deve ancora pronunciarsi e quindi la discussione non porterebbe da nessuna parte. Allora Christian Invernizzi (Lega Nord) ha proposto di iniziare il confronto sul Mattarellum. Ma è qui che Pd, M5s e Fi hanno ribadito il proprio no. A quel punto il presidente della commissione Andrea Mazziotti (dei Civici e innovatori, cioè gli ex montiani) ha rinviato al 10 gennaio per altre eventuali decisioni (che quasi certamente non ci saranno).
Il girotondo del Pd
Le giravolte del Pd sono ormai al livello di prima ballerina del Boscioi. Poche ore prima i democratici avevano votato contro la discussione in Aula, già domani, di una mozione a favore del Mattarellum, proposta dalla Lega Nord con Fedriga. La spiegazione data dal capogruppo di Montecitorio Ettore Rosato è stata che la mozione – che è un atto d’indirizzo, non con forza di legge – è “un atto inutile e pretestuoso” e che, appunto, “serve una legge”. Anzi, aveva detto Rosato alla Lega, una proposta di Mattarellum c’è già ed è depositata in commissione e basta lavorare su quella. Ecco, arrivati in commissione, Emanuele Fiano ha spinto per rinviare la discussione a dopo il 24 gennaio, giorno della decisione della Consulta. Il Pd ha vari problemi. Il primo che viene in mente è che il principale alleato, Angelino Alfano, non vuole il Mattarellum perché costringerebbe il Nuovo Centrodestra a coalizzarsi. E da una parte non si può coalizzare a destra perché la convivenza con un pezzo di Forza Italia e con tutta la Lega Nord sarebbe a dir poco complicata. E dall’altra non si può alleare di nuovo – e stavolta alle elezioni – con il Partito democratico perché il Nuovo Centrodestra che va in coalizione con il centrosinistra fa ridere, almeno sotto il profilo del vocabolario.
I Cinquestelle vogliono aspettare il 24 gennaio
Fiano, in commissione, si è trovato in buona compagnia, nella fattispecie con Danilo Toninelli – in rappresentanza dei Cinquestelle – e Francesco Paolo Sisto, per Forza Italia. Da una parte il M5s ribadisce la linea decisa, dai vertici alcuni giorni fa: aspettare la sentenza della Corte Costituzionale e andare subito al voto con la legge che uscirà. Tuttavia non si sa che legge uscirà dalla decisione dei giudici (per esempio se avrà o meno requisiti di governabilità) e, come sanno anche i muri, l’Italicum – modificato o no – vale solo per la Camera e non per il Senato. Quindi una legge, in ogni caso, serve, fosse anche per scrivere in una riga: questa legge vale anche per il Senato. Peraltro non sarà neanche così facile perché, come dice la Costituzione, la distribuzione dei seggi tra Camera e Senato è diversa, perché quelli di Palazzo Madama sono calcolati su base regionale. E infatti i deputati M5s in commissione Affari costituzionali lo ammettono: “Ribadiamo che occorre aspettare la sentenza della Consulta sull’Italicum per poi andare subito a votare con la legge che ne verrà fuori, che noi abbiamo chiamato Legalicum, con i dovuti correttivi al Senato”. Una posizione che però è isolata e appare senza terreno fertile.
Forza Italia non vuole né il voto né la coalizione con Salvini
E d’accordo con Pd e M5s si è trovata d’accordo anche Forza Italia. E i motivi sono due. Il primo: i berlusconiani, con un partito male in arnese nella struttura e nei sondaggi, non hanno alcuna intenzione di presentarsi alle urne così presto, tra l’altro senza Silvio Berlusconi candidabile. L’ex presidente del Consiglio aspetta e spera nel giudizio della Corte europea di giustizia che possa ribaltare la condanna definitiva per frode fiscale che provoca la sua incandidabilità per effetto della legge Severino. In ogni caso l’ex Cavaliere boccia senza appello il ritorno alla vecchia legge elettorale. Il secondo motivo: l’asse Pd-Lega Nord-Fratelli d’Italia sul Mattarellum non piace a Forza Italia perché spingerebbe verso le coalizioni. I moderati forzisti vorrebbero, primo, evitare di confondere troppo le proprie facce con quelle sempre più spostate a destra del Carroccio e, secondo, Berlusconi vuole soprattutto evitare le primarie di coalizione dove rischierebbe di vincere Matteo Salvini.
Quello che è certo finora è che il Mattarellum accoglie il favore del Pd, della Lega Nord e dei Fratelli d’Italia. Un inedito asse tra i due Matteo, Renzi e Salvini, e Giorgia Meloni. Tanto che il segretario del Carroccio a Radio Padania in mattinata aveva proposto di lavorare anche a Natale e Capodanno “per andare a votare il prima possibile, in primavera, occorre una legge elettorale”. Invece niente, tutto rinviato a babbo morto, di nuovo.