Cinema

“Our War”, così si raccontano i “nostri” volontari alla guerra contro l’Isis

In un docufilm - con scene di combattimento girate dagli stessi miliziani - tre giovani arruolati nell'Ypg curdo mettono a nudo la loro scelta di uccidere e rischiare la vita per fronteggiare il Califfato in Siria. L'italiano Franceschi, l'ex marine Bell, lo svedese Kardari ci mettono di fronte al dilemma "sul dovere o meno di schierarsi". La distribuzione affidata a Movieday, la piattaforma che permette agli spettatori di organizzare la proiezione nel cinema preferito

di Mario Portanova

Il ragazzo italiano dei centri sociali, l’ex marine americano, la guardia giurata danese. Tre giovani che messi insieme avrebbero poco da dirsi, anzi potrebbe finire male. Invece una scelta forte li accomuna: hanno deciso di lasciare le loro vite più o meno pacifiche e confortevoli e sono andati a combattere l’Isis imbracciando il mitra. In Siria, come volontari nelle Unità di Protezione Popolare (Ypg) in Rojava, la regione controllata dai curdi nel Nord del paese straziato da una guerra dai molti fronti. Sono lo sparuto contraltare – poche centinaia in tutto, con qualche italiano fra loro – delle decine di migliaia di foreign fighter devoti al jihad che tanto preoccupano gli apparati di sicurezza di mezzo mondo. Le loro storie si intrecciano nel film documentario “Our War“, realizzato dai giornalisti Benedetta Argentieri e Claudio Jampaglia e dal film-maker Bruno Chiaravalloti. I racconti in prima persona dei protagonisti, le loro motivazioni profonde, hanno per sfondo le scene di guerra riprese sul campo dagli stessi combattenti, là dove raramente arrivano le troupe dell’informazione. Gli assalti, le attese, gli scherzi e le battute fra commilitoni in trincea, magari giusto pochi minuti prima di morire. L’Isis è lì, a cento metri, dietro le casupole diroccate che segnano il fronte. Presente e concreto, invisibile ma più reale che nei video degli sgozzamenti e delle esecuzioni di massa confezionati a regola d’arte dai propagandisti del terrore.

Il nostro connazionale è il marchigiano Karim Franceschi, madre marocchina e padre italiano, autore fra l’altro del libro Il combattente. Storia dell’italiano che ha difeso Kobane dall’Isis (con Fabio Tonacci, Bur-Rizzoli 2016). Nel documentario si definisce “un autonomo” e legge il suo impegno con il kalashnikov in Rojava come lo sbocco naturale di un percorso politico iniziato nei palazzi della periferia di Senigallia. I primo impatto: la carovana di aiuti umanitari ai profughi al confine turco-siriano. L’esito: cecchino in prima linea. L’ex marine è il biondo Joshua Bell, del North Carolina, disincantato professionista delle armi con missioni in Iraq e in Afghanistan alle spalle, che sotto le insegne dell’Ypg trova una nuova e più autentica bandiera. E si scopre un po’ straniato a discutere, nelle pause della guerra, con compagni d’armi dalle idee politiche molto diverse dalle sue (Ypg è la costola siriana del Pkk curdo, la cui bandiera è imprescindibile in qualunque manifestazione antagonista). Infine Rafael Kardari, nato e cresciuto in Svezia da genitori curdo-iracheni, giovane padre di famiglia che – racconta – decide di arruolarsi dopo aver visto online un video dove l’Isis rivendicava un massacro di ragazzini.

L’intreccio delle loro testimonianze diventa così una riflessione sulla guerra ma – contrariamente a quello che accade di solito – imbastita da chi ha scelto liberamente di uccidere e di rischiare la vita per una causa che nel “nostro” mondo è largamente condivisa. “La scelta di mettere a rischio la loro vita in una guerra lontano dalla propria quotidianità, ci fa riflettere, prima che le bombe esplodano a casa nostra, sul dovere o meno di schierarsi, su quanto il conflitto in atto ci riguardi”, scrivono gli autori nella presentazione del film documentario. C’è anche una morale finale, a uso della politica. La riassume il “tecnico” Joshua Bell: le milizie curde combattono l’Isis nel modo migliore e guadagnano terreno, andrebbero solo supportate militarmente ed economicamente dai Paesi, Stati Uniti in testa, impegnati nella lotta al Califfato.

Our war, prodotto da PossibileFilm, RaiCinema e Lorenzo Gangarossa, in associazione con Start, è stato presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e, nei giorni scorsi, a Milano per Filmmaker 2016. E per vederlo o rivederlo? La distribuzione è affidata a Movieday, la piattaforma web che consente di organizzare proiezioni nei cinema di tutta Italia “dal basso”. E’ l’aspirante spettatore a scegliere online il film, la città, il cinema e la data di proiezione, riservando il biglietto e lanciando l’evento. Se un numero sufficiente di persone lo seguirà la proiezione si farà, in caso contrario il biglietto sarà rimborsato. Le prime proiezioni sono previste da gennaio a Milano, Roma, Cagliari e Perugia.

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