Chi la fa, l’aspetti. Sta succedendo qualcosa di curioso negli USA, dove Volkswagen è impegnata nella campagna di “buy-back” delle vetture coinvolte nello scandalo del dieselgate: si tratta del riacquisto, da parte del costruttore, delle auto dotate dell’ormai celebre defeat device. In pratica buona parte della clientela truffata (475.000 auto negli Stati Uniti) sta restituendo le automobili dopo averle private di parecchie componenti: nelle concessionarie arrivano quindi Golf o Jetta senza gruppi ottici, mascherina frontale, paraurti, sedili, tappetini, ruota di scorta, airbags. Addirittura su un forum americano un utente domanda ad altri se sia legale circolare senza portiere…
Il fenomeno, che ci fa ricordare i peggiori stereotipi sui malcostumi italici, ha due motivi: il primo, giuridico, è che l’accordo siglato da VW con l’EPA (United States Environmental Protection Agency), prevede che le auto restituite indietro dalla clientela siano “operable”, cioè marcianti col proprio motore. Non c’è menzione sul fatto che debbano essere perfettamente integre o complete in ogni loro componente.
Ecco quindi che una parte dell’utenza, chiave inglese e cacciavite alla mano, sta provvedendo a spogliare le vetture di tutto ciò “che non serve” per rivenderlo privatamente o donarlo ad amici in possesso di VW non interessate dal richiamo; che poi è il secondo motivo. Da parte loro i concessionari nordamericani della rete Volkswagen fanno buon viso a cattivo gioco: visto cosa c’è stato a monte, non fanno obiezioni ai proprietari e tantomeno le farà la casa madre.
Nel frattempo anche in Canada il colosso tedesco dell’auto si appresta a raggiungere un accordo con le istituzioni: per la truffa sulle emissioni delle auto turbodiesel con motore 2.0 TDI EA 189, VW dovrà sborsare circa 1,5 miliardi di euro. In Canada le vetture coinvolte sono 105 mila e, come avviene negli USA, i clienti canadesi potranno dare indietro la loro automobile o farla ripristinare in officina: in ciascun caso beneficeranno di un risarcimento compreso fra circa 3.640 e 4.350 euro (al cambio attuale). Il via libera definitivo da parte delle autorità dovrebbe arrivare entro fine di marzo. Volkswagen pagherà inoltre le spese legali e una multa da ulteriori 10,7 milioni di euro. Questo in attesa che si trovi una soluzione definitiva anche per i propulsori 3.0 V6 TDI implicati nella faccenda: in USA sono circa 85.000. Mentre in Europa va tutto bene, tutto tace e di risarcimenti nemmeno l’ombra.