La battaglia contro il riscaldamento globale – Il 2016 è sulla buona strada per diventare l’anno più caldo della storia, dopo che il record era stato battuto nel 2015 e prima nel 2014. A innalzare le temperature nei primi cinque mesi dell’anno è stato sopratutto El Niño, un fenomeno periodico che provoca un forte riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico e che quest’anno è stato particolarmente intenso. Ma non arrivano solo cattive notizie: il 4 novembre è entrato in vigore l’accordo di Parigi sul clima, che impegna concretamente i paesi che lo hanno ratificato a contenere le emissioni di anidride carbonica, il primo gas responsabile dell’innalzamento della temperatura terrestre. Affinché COP21 entrasse in vigore, serviva che l’accordo venisse ratificato da più di 55 paesi che rappresentassero almeno il 55% delle emissioni globali. Dopo l’ok di Stati Uniti e Cina a settembre, il 4 ottobre è stata la volta dell’Unione europea, grazie alla quale è stata superata la soglia è il progetto è entrato ufficialmente in vigore.
Trump e le sue idee sul clima – Il cambiamento climatico è una beffa perpetrata dai cinesi; potrebbe esistere un legame tra autismo e vaccinazioni infantili. Sono questi i due temi scientifici della campagna per le presidenziali Usa di Donald Trump che più hanno preoccupato gli scienziati americani. Dopo la sua vittoria, oltre 2.300 di loro, tra cui 22 premi Nobel, hanno inviato una lettera al presidente eletto invitandolo a “rispettare gli standard elevati di integrità e indipendenza scientifica nel rispondere alle attuali emergenze della sanità pubblica e alle minacce ambientali per la salute”. Il magnate repubblicano ha risposto nominando direttore dell’Agenzia per la protezione ambientale Scott Pruitt, procuratore generale dell’Oklahoma, fra i più grandi critici delle politiche di Barack Obama di contrasto ai cambiamenti climatici.
I problemi degli scienziati nel mondo – Anche il voto sulla Brexit nel Regno Unito, che ha sancito l’uscita del Paese dall’Unione Europea, ha preoccupato non poco la comunità scientifica inglese. I ricercatori temono di perdere i milioni di euro di fondi annuali alla ricerca che venivano stanziati dall’Ue. Sicuramente peggiore però la situazione dei loro colleghi in Turchia, dopo il golpe fallito del 15 luglio scorso. Il Consiglio superiore dell’istruzione ha licenziato 1500 rettori e oltre 6500 professori universitari, accusati di coinvolgimento nel colpo di stato. I guai politici non hanno risparmiato gli scienziati neanche in Venezuela, Brasile e Sud Africa. In Venezuela la mancanza di cibo e l’aumento della violenza hanno costretto molti ricercatori ha lasciare le università e il paese. In Brasile e in Sud Africa si trovano invece ad affrontare drastici tagli ai finanziamenti, per via delle crisi economiche dei due paesi.