I defibrillatori obbligatori negli impianti sportivi possono aspettare altri sei mesi. Grazie a una piccola modifica al decreto terremoto, la novità introdotta dalla legge Balduzzi nell’ottobre 2012, in seguito alla morte del giocatore del Livorno Piermario Morosini, viene nuovamente rimandata fino al 30 giugno 2017. La norma avrebbe dovuto entrare in vigore un anno fa. Da allora si è proceduto di proroga in proroga: prima dal 20 gennaio al 30 luglio, poi a fine novembre e ancora al 1° gennaio 2017. L’ennesimo posticipo di altri sei mesi è merito di un emendamento presentato il 22 novembre in commissione Bilancio del senatore trentino Franco Panizza, pochi giorni prima che il giudice del tribunale Pescara rendesse note le motivazioni della condanna dei tre medici che soccorsero Morosini: “Se fosse stato utilizzato il defibrillatore nei primi 4 minuti, il giocatore avrebbe avuto il 60, 70 per cento di possibilità di salvarsi”.
Le società sportive, anche quelle dilettantistiche, avranno quindi altri sei mesi di tempo per mettersi in regola: da un lato, dotarsi di un defibrillatore, e dall’altro completare la formazione all’uso. Avevano invocato più tempo per la prima volta nel novembre 2015. Il presidente del Coni Giovanni Malagò scrisse una nota al governo per chiedere “il differimento del predetto termine in considerazione delle specificità delle attività sportive esercitate a livello dilettantistico”. Una preghiera arrivata al ministero della Sanità anche dall’assessore allo sport del Friuli Venezia Giulia, Gianni Torrenti, coordinatore degli assessori regionali allo sport. Il motivo? “Impossibile completare su tutto il territorio nazionale le attività di formazione degli operatori del settore sportivo dilettantistico – si legge nella richiesta del 5 gennaio 2016 – circa il corretto utilizzo dei defibrillatori semiautomatici”. Non è bastato un altro anno. Gli ultimi due escamotage grazie ai quali è arrivato l’ennesimo rinvio sono le difficoltà nelle zone terremotate del Lazio, delle Marche e dell’Umbria, che però hanno effetti in tutta Italia: sebbene la sospensione sia motivata “dall’esigenza di assicurare, nei comuni interessati dal sisma, il completamento delle attività di formazione produce effetti su tutto il territorio nazionale”, spiegava il ministero guidato da Beatrice Lorenzin dopo la prima proroga inserita del decreto. E proprio lo staff della Lorenzin garantiva al Fatto che non sarebbero stati tollerati ulteriori ritardi, almeno a firma del ministero. Puntuale è arrivato l’emendamento del senatore Panizza che ha concesso il ‘liberi tutti’ fino al 30 giugno.
“La proroga va salutata come un fatto positivo ma non ancora sufficiente. I mesi che abbiamo davanti devono essere utilizzati per riscrivere il decreto Balduzzi, trovando il giusto punto d’equilibrio tra sicurezza per gli atleti e la giusta attenzione per il mondo del volontariato sportivo e di tutte le società dilettantistiche”, ha spiegato il parlamentare membro del gruppo Autonomie. Secondo Panizza e diverse fonti ministeriali e del Coni, infatti, il decreto Balduzzi troverebbe notevoli difficoltà di applicazione negli sport outdoor, come ciclismo e vela, e quindi andrebbe in parte riscritto chiarendo i confini dell’applicazione. Ma invece di procedere alle modifiche – che secondo quanto apprende ilfattoquotidiano.it sarebbero anche state concordate tra Comitato olimpico e ministero – si è preferito sospendere la questione per altri sei mesi.
“In questo arco di tempo, secondo le statistiche disponibili, conteremo altri 50 morti”, afferma la cardiologa Daniela Aschieri, responsabile di Progetto Vita e considerata la ‘mamma’ della defibrillazione precoce in Italia. Secondo la fondazione Giorgio Castelli, infatti, nei primi dieci mesi del 2016 si sono contati 115 atleti deceduti mentre praticavano la loro disciplina tra professionisti, dilettanti e amatori. “L’uso del defibrillatore è una questione culturale, una battaglia di civiltà che il mondo dello sport dovrebbe affrontare davvero e vincere. C’è chi sta complicando l’attuazione della legge. A Piacenza, dove con Progetto Vita da tempo ci occupiamo della questione, abbiamo contato 18 arresti cardiaci negli ultimi diciotto anni – continua Aschieri – In 10 impianti era presente un defibrillatore: si sono salvate 8 persone su 10. Negli impianti privi di quell’importante strumento salvavita, si sono salvate solo due persone, uno dei quali, un ragazzo di 13 anni, ha riportato gravi danni neurologici”.
Del resto, proprio da Piacenza arriva una storia emblematica. Nelle stesse ore in cui a Pescara Piermario Morosini si accasciava al suolo durante il match di Serie B tra gli abruzzesi e il Livorno, e nessuno utilizzava un defibrillatore per rianimarlo, nella città lombarda Massimo Proietti, 47 anni, tenente colonnello dell’Aeronautica, veniva colpito da un infarto durante una partita di un campionato amatoriale. Lo salvarono due giocatori usando il defibrillatore disponibile a bordo campo. “È importante che sui campi tutti i presenti sappiano affrontare un’emergenza – disse Proietti a Repubblica, un anno dopo – Le tecniche di soccorso vanno insegnate già nelle scuole”. Il decreto Balduzzi aveva tracciato la via. Al momento rimasta inesplorata.