Luca Claudio, ex primo cittadino di Montegrotto Terme e di Abano Terme, è finito in manette la scorsa primavera per corruzione, concussione e turbativa d'asta. Ora ha patteggiato la pena, che resta comunque severissima
Avrà anche ottenuto il patteggiamento, nonostante un lungo elenco di accuse, e la possibilità in un futuro prossimo di lasciare il carcere per i domiciliari (il pm è favorevole, non il gup che li ha negati), eppure è ugualmente salato il conto pagato da Luca Claudio, l’ex sindaco di Montegrotto Terme e di Abano Terme, finito in manette la scorsa primavera per corruzione, concussione e turbativa d’asta. Una storia esemplare di quanto possa essere redditizio il sistema delle mazzette a fini di arricchimento personale. Storia esemplare non tanto per la pena, che è stata fissata dal gip in 4 anni di reclusione, o per la interdizione all’eleggibilità in qualsiasi carica di Claudio, che così vede troncata la sua carriera politica, quanto per il tesoro delle dodici case, patrimonio immobiliare di notevole valore che secondo i pm padovani era il frutto di un’attività illecita protrattasi per anni. Ora non è più in suo possesso.
Non gli sono valse le magliette che l’anno scorso indossava in campagna elettorale, con la scritta “Io sono innocente”. E neppure il braccio di ferro un po’ guascone che aveva tentato di giocare con gli investigatori. A inguaiare Claudio, passato attraverso numerose esperienze amministrative nella ricca zona padovana dei Colli Euganei, sono stati proprio quegli appartamenti che erano riconducibili a lui attraverso un paio di società. E siccome aveva imposto una legge alquanto ferrea delle percentuali in tangenti da pagare per gli appalti, i soldi da qualche parte dovevano essere finiti. Nelle case per l’appunto.
Undici appartamenti sono stati sequestrati ai fini della confisca, mentre il dodicesimo è stato ceduto da Claudio allo Stato per poter ottenere il via libera della Procura della Repubblica alla richiesta di patteggiamento ora accolta dal giudice Tecla Cesarol. La trattativa è stata complessa, soprattutto sulla parte immobiliare. Fino a poco prima della camera di consiglio i difensori Ferdinando Bonon e Giovanni Caruso avevano trattato la cessione di cinque appartamenti allo Stato, di cui il primo in via San Daniele a Montegrotto. Alla fine è stata sufficiente l’alienazione allo Stato solo di questo, in attesa che tutta la procedura giudiziaria faccia il suo corso. Infatti, gli altri 11 appartamenti sono sequestrati dal pubblico ministero Federica Baccaglini in previsione della loro confisca, in base alla legge antimafia e anticorruzione.
Le case non erano intestate a Claudio, ma a due società, la Rls e la Soleluna, comunque riconducibili al sindaco. Gli investigatori hanno passato al setaccio i redditi percepiti da Claudio (e dalla ex moglie) degli ultimi 10 anni. E’ saltata all’occhio la differenza macroscopica tra quanto incassato e il valore delle proprietà. In una memoria Claudio aveva ammesso: “La società Rls fa capo a me e non ha mai svolto nulla di reale per giustificare le emissioni di fatture, ha solo incassato”. Si riferiva a finte consulenze, parcelle per prestazioni inesistenti. E in qualche caso l’appartamento era la vera tangente. Soleluna (quote intestate all’ex moglie) è proprietaria di sei appartamenti acquistati tra il 2006 e il 2010 per importi dichiarati di circa 830mila euro. Rls è proprietaria di quattro immobili acquistati tra tra il 2010 e il 2013 (valore dichiarato 325mila euro). C’è anche un appartamento a Roma, comperato nel 2016 per 350 mila euro.
Ecco cosa ha scritto il gup: “Il consistente patrimonio immobiliare riconducibile a Luca Claudio e alle sue società si è via via formato negli ultimi dieci anni, nel periodo in cui ha rivestito la carica di sindaco nei due comuni. Gli acquisti si collocano quasi tutti in epoca successiva ai primi episodi di concussione contestati, risalenti al 2007. In tale contesto la mera circostanza che gli immobili siano stati tutti acquistati con mutui non vale a inficiare quanto finora esposto, tenuto conto che il reddito di Claudio e della moglie non era tale da consentire di disporre di liquidità mensile sufficiente per far fronte ai mutui, né risulta allegata da Claudio e comunque provata la provenienza lecita della liquidità mensile necessaria per i mutui”.