Politica

Sondaggi, M5s perde oltre 2 punti in 5 giorni dopo il caso Raggi. Ma resta il primo partito (perché il Pd sta peggio)

Le rilevazioni di Index per La7 misurano un calo sensibile dei Cinquestelle in meno di una settimana: al momento però il Movimento resta sopra al 30%. Non accade invece al Pd, ancora paralizzato al 28. I dati sulle primarie dei partiti: tra i democratici Renzi resta il preferito, nel centrodestra "comanda" Salvini, mentre tra i grillini il preferito ora diventa Di Battista

Il lavoro della giunta di Virginia Raggi a Roma produce i suoi effetti: nei sondaggi Index Research per la Terza Repubblica, programma di La7, il Movimento Cinque Stelle in 5 giorni perde oltre 2 punti percentuali, scendendo al 30,4 per cento. Ma la corsa dei partiti principali sembra un po’ al contrario. Così il M5s, infatti, nonostante la frana, resta attualmente il primo partito. Il Partito Democratico, infatti, ancora paga l’effetto del referendum e le divisioni arrivate fin dentro l’assemblea. I democratici sono paralizzati poco sopra al 28 per cento. Cifra che dice due cose: è lontano il 40 per cento di due anni e mezzo fa (e questo era già noto) ed è lontano anche il 40 per cento raccolto dal Sì al referendum e sul quale tutti i vertici del Pd hanno detto di poter contare per “ripartire”.

Dove finiscono i voti in uscita dai Cinquestelle? In parte verso l’astensionismo. In parte verso gli altri partiti considerati “di rottura”. La Lega Nord, per esempio, negli stessi 5 giorni aumenta dello 0,8 per cento, toccando di nuovo quota 13 per cento. Tendenze in aumento le registrano anche Fratelli d’Italia e sul fronte opposto Sinistra Italiana (entrambi salgono dello 0,4). Più o meno stabile anche Forza Italia che respira un po’ intorno al 12 per cento, mentre il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano (2,8) sembra lontano da qualsiasi soglia di sbarramento per entrare in Parlamento.

Index ha anche raccolto dati su quale leader sceglierebbero gli elettori degli schieramenti principali. Salta all’occhio che Matteo Renzi – nonostante un po’ di malcontento e nonostante il disastro del referendum costituzionale – continua a non avere avversari, visto che il 43 per cento degli intervistati lo vorrebbe ancora a capo del partito. Di certo la sua preoccupazione non sembra Roberto Speranza che nei giorni scorsi ha sciolto la riserva sulla sua candidatura a segretario: Speranza raccoglierebbe solo il 10 per cento delle preferenze nel campione degli elettori del Pd. Lo stesso si può dire del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che non va oltre il 5. Più chance sembra avere il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano che almeno supera il 28 per cento e – con un calcolo che non è proprio ortodosso – avrebbe qualche speranza se attirasse i voti di Speranza e Rossi (cioè se questi si ritirassero, visto che tutti in ogni caso rappresentano una visione più di sinistra rispetto a Renzi).

Nel campo dei Cinquestelle sembra confermato un “oscuramento” della stella Luigi Di Maio, sfiorato pure lui dalle vicende del Campidoglio. In ogni caso in questo periodo viene premiato lo stile più barricadero di Alessandro Di Battista, preferito dagli elettori M5s. Dopo Di Maio, c’è Roberto Fico. In realtà un terzo di coloro che risponde, preferisce altre figure come candidato premier o comunque nessuno di questi tre.

Senza Berlusconi, invece, Matteo Salvini è di gran lunga il preferito degli elettori di centrodestra per guidare la coalizione alle elezioni. Il segretario della Lega Nord raccoglie il 32 per cento delle preferenze. Staccata Giorgia Meloni al 24 e ancora di più Raffaele Fitto e Giovanni Toti. Berlusconi non entra nel sondaggio perché è incandidabile fino al 2019.