Giornalismo in lutto per la morte di Alberto Statera, 69 anni, editorialista di Repubblica e per quarant’anni firma tra le più prestigiose nel panorama italiano. “La sua prima cifra era la libertà, una libertà quasi sfacciata. La seconda era la scrittura, un talento che gli consentiva di graffiare senza offendere, di raggiungere limpidamente il cuore della vicenda”. Lo ricorda così il sito del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari in un articolo firmato da Marco Panara.

Formatosi nei primi anni Settanta alla scuola dell’Espresso, del settimanale Statera fu caporedattore Economia e caporedattore centrale insieme a Paolo Mieli. Nel 1983 si trasferì alla Nuova Sardegna, su richiesta di Carlo Caracciolo, dove inizio la lunga stagione della direzione dei quotidiani locali del Gruppo. Dal 1986 al 1990 è alla Mondadori, prima come direttore editoriale delle pubblicazioni economiche, poi come direttore del settimanale Epoca e del mensile Storia illustrata. Lasciò il gruppo quando la proprietà passò a Silvio Berlusconi con motivo “clausola di coscienza”, uno dei rarissimi professionisti ad avere usufruito di questo diritto nella storia del giornalismo.

Tornò per un breve periodo a Repubblica, per poi passare alla Stampa da editorialista e, nel 1995, rientrare al gruppo Espresso, per cui ha diretto Il Mattino di Padova, La Nuova Venezia e la Tribuna di Treviso. Dal 2000 al 2005 ha diretto Il Piccolo di Trieste, per poi tornare a Repubblica come editorialista. Autore di alcuni libri, Statera ha anche vinto numerosi premi giornalistici e letterari, tra cui il Premiolino, il Premio Anghiari, il Premio Lingotto per l’Economia, il Premio Reggio Calabria e il Premio Forte dei Marmi per la satira politica.

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