Chiamano in causa dieci società italiane e greche, alle quali chiedono oltre 10 milioni di euro di risarcimenti. Perché quella notte del 28 dicembre di due anni fa, sarebbero stati tanti gli errori e le violazioni delle norme di sicurezza a bordo del Norman Atlantic, il traghetto andato a fuoco mentre era in navigazione tra Patrasso e Ancona: dal carico dei camion all’impianto antincendio, dalla formazione dell’equipaggio e fino alle modalità con cui quella nave – e le sue circa venti “gemelle” – vennero concepite nei cantieri. Morirono 28 persone, alcuni dei circa 500 passeggeri a bordo rimasero feriti, altri hanno perso le loro automobili o i loro tir e tutti hanno vissuto un’esperienza traumatica rimanendo in balia delle fiamme e delle onde per diverse ore.

Le richieste: oltre 10 milioni di danni 
Per questo, in attesa della chiusura delle indagini penali condotte dai pm della procura di Bari Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano, che a fine gennaio dovrebbero ricevere la perizia dal collegio di tecnici al termine dell’incidente probatorio disposto dal gip Alessandra Piliego, quattro studi legali hanno messo a punto due cause civili, depositate in questi giorni al tribunale di Bari. Vengono chiamate in giudizio 6 società greche appartenenti alla galassia della Anek Lines, che aveva noleggiato il Norman Atlantic, e le italiane Visemar Navigazione, Visemar Trasporti, il cantiere navale Visentini e il Rina Services, società del Rina Group, il registro navale italiano. A chiedere i danni per un totale di oltre dieci milioni di euro – trasformando il caso del Norman nella seconda maggiore causa civile in ambito marittimo in Italia – ci sono 25 passeggeri e i famigliari di due vittime assistiti dagli avvocati del team Giustizia per il Norman Atlantic (Alessandra Guarini, Cesare Bulgheroni e Massimiliano Gabrielli) e 50 passeggeri e le famiglie di 7 morti assistite dagli studi Ambrosio&Commodo, Bona&Oliva e i greci Pavlakis-Moschos.

Causa necessaria in attesa del penale
La necessità di avanzare le richieste in sede civile è stata dettata dai tempi del procedimento penale. Essendo ancora in fase di indagine, i passeggeri e i familiari dei morti corrono il rischio di non vedersi riconosciuti i danni nel caso in cui gli attuali 12 indagati – se rinviati a giudizio – dovessero fare richiesta di rito abbreviato o di patteggiamento. In quel caso, infatti, non sono previste le costituzioni di parte civile per il ristoro del danno, salvo che la procura non conceda un eventuale patteggiamento condizionandolo al pagamento dei danni. Da qui, la necessità di accelerare i tempi. La Convenzione di Atene, quella che disciplina la responsabilità del cosiddetto “vettore marittimo” nei confronti dei passeggeri, prevede la decadenza dei termini per richiedere il ristoro del danno in base al contratto di trasporto dopo due anni, ovvero tra pochi giorni.

Sospetti su antincendio e camion-frigo
Il Norman Atlantic andò a fuoco alle prime luci dell’alba del 28 dicembre mentre navigava vicino alle coste albanesi. Secondo le ipotesi investigative, l’incendio potrebbe essere stato provocato dall’alimentazione a diesel di un camion-frigorifero o da un cortocircuito all’impianto elettrico ai quali gli stessi camion erano collegati sul ponte 4. Da quel momento, a bordo fu il caos. Diverse testimonianze e annotazioni della Capitaneria di Porto contenute negli atti di indagine concordano circa i problemi del sistema antincendio e l’impreparazione dell’equipaggio nella gestione dell’emergenza. E, come ilfattoquotidiano.it ha raccontato un anno fa, i tecnici sospettano anche l’apertura dell’antincendio sul ponte sbagliato.

Chiamato in causa anche il Rina… 
Ma, secondo gli avvocati degli studi Ambrosio&Commodo e Bona&Oliva, una parte dei problemi sarebbe imputabile anche al Rina Services, che ha approvato i piani progettuali del Norman Atlantic e l’ha mantenuto in “classe” dopo il varo. La motonave aveva larghi finestroni aperti e, sostengono i legali, proprio questi avrebbero alimentato la rapida propagazione dell’incendio dato anche il forte vento. E a supporto della tesi dei due studi torinesi ci sarebbe anche un incidente identico occorso a una gemella del Norman, la Sorrento, andata distrutta nell’aprile 2015 a largo delle Baleari

 …che nega (di nuovo) l’accesso agli atti
Tra l’altro il Rina, secondo quanto apprende ilfattoquotidiano.it, avrebbe respinto la richiesta di accesso agli atti degli studi legali nell’ambito delle proprie indagini difensive parlando di una richiesta generica ed esplorativa. Lo scorso anno, sempre il Rina aveva negato una richiesta simile allo stesso gruppo di avvocati. La motivazione allora fu diversa: l’istanza presentata non avrebbe dato “evidenza dell’affermata presenza sul traghetto e del suo decesso” di un passeggero, Alexandros Kofourgiorgis, i cui parenti sono assistiti dal team di avvocati. Ma l’incartamento presentato era identico a quello con cui si sono costituiti nell’incidente probatorio, sufficiente quindi agli occhi del gip del Tribunale di Bari.

 twitter: @andtundo 
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