"ORA DICHE UNA POESIA" (Guzzanti/Robertetti) - 9/10
Se dovessi far innamorare un bambino della poesia, gli farei leggere uno qualsiasi dei componimenti di Giorgio Caproni. Il pensiero del poeta livornese nato nel 1912 e morto nel 1990 riecheggia tra le pagine dell’agile “Sulla Poesia” (ItaloSvevo edizioni). Colui che nei suoi versi ha spezzato la metrica, mandando all’aria tradizione e classicità, imponendo la propria intima voce, durante una conferenza tenutasi nel 1982 al teatro Flaiano di Roma invece di commentare i suoi versi espone la sua visione lucida e intelligente su cosa sia la poesia. L’attore teatrale Pietro Tordi lì presente registra l’intervento di Caproni che si muove agile tra Machado, Proust, citazioni musicali e proverbi, particolari più “grossolani” della vita di tutti i giorni. E l’esergo stampato sulla copertina significa un’intera vita d’autore. “E’ l’ora del rancio e il tenente d’ispezione dice alla tromba: “Suona il rancio”. La tromba emette un ritornello, il soldato lo conosce e si mette in fila con la gavetta in mano. Supponiamo che un tenente un po’ estroso invece di far suonare quel segnale dalla solita cornetta lo faccia suonare dal flauto. E’ vero che il soldato percepirebbe il comunicato pratico, però rimarrebbe anche interdetto, a bocca aperta e con la gavetta in mano. Cioè percepirebbe un altro significato: il significato musicale. Questa per me è la differenza tra il linguaggio della normale comunicazione e il linguaggio poetico”. Se vi capita di trovare questo breve volume in qualche libreria ricordatevi di portare con voi un coltellino. Le pagine vanno tagliate ai margini, in alto, e ai lati, per separarle l’una dall’altra.