No al rientro dei jihadisti tunisini in patria. E’ questo che hanno chiesto diverse centinaia di persone che hanno manifestato oggi davanti al Parlamento a Tunisi per protestare contro il rientro in Tunisia dei connazionali andati a combattere in Siria, Iraq e Libia. I dimostranti, di tutte le età e le condizioni sociali, portavano bandiere tunisine e cartelli sui quali si leggevano slogan contro il terrorismo. Il ministro dell’Interno, Hedi Majdoud, ha annunciato ieri il rientro di 800 jihadisti nel Paese da luoghi di conflitto, aggiungendo che il suo dicastero dispone di tutti i dati necessari sui tunisini che sono coinvolti sul terreno.
باردو الان… #باردو #تونس #Tunisia #Tunis pic.twitter.com/6RiCMx4CFW
— Adel Azouni (@adelazouni) 24 dicembre 2016
Nel paese nord africano c’è un acceso dibattito sulla necessità di applicare la legge anti-terrorismo, che condannerebbe i rientrati direttamente alla prigione, e sul come trattare il rientro dei jihadisti. Il fatto che gli autori degli attentati di Nizza e Berlino fossero jihadisti di nazionalità tunisina ha ampliato il dibattito anche in ambito politico. Ed è in mezzo a questa discussione che ieri è arrivato a Tunisi, a seguito di procedura di estradizione dal Sudan, il jihadista Moez Fezzani, sospettato di essere coinvolto in diversi attacchi terroristici fra cui quello del 18 marzo 2015 al museo del Bardo di Tunisi, in cui rimasero uccisi una cinquantina di turisti.
Il portavoce del polo giudiziario per la lotta contro il terrorismo, Sufian Selliti, ha dichiarato all’agenzia di stampa ufficiale Tap che Fezzani “è uno dei dirigenti dell’organizzazione terrorista e mantiene relazioni con la maggioranza dei terroristi dello Stato islamico che si sono recati verso Siria e Libia per ricevere addestramento militare”.
La foto nell’articolo è tratta da Twitter