L’osservatorio civico Openpolis ha pubblicato il nuovo rapporto sullo stato della produttività parlamentare della XVII legislatura. Attraverso elementi quantitativi e qualitativi è stata valutata l’azione di deputati e senatori per rilevarne l’efficacia, analizzando gli atti parlamentari dall’inizio della legislatura al 21 novembre 2016.
Esserci non basta per essere produttivi in Parlamento. Tanto che dei 381 membri della Camera che hanno una percentuale di presenze maggiore, il 61,68% produce meno della media. Stesso risultato per il 72,84% degli 81 deputati con presenze oltre il 90%: solo 7 rientrano nella top 100 per produttività. Al Senato la partecipazione ai lavori sembra avere un’influenza maggiore. A fare da ago della bilancia, comunque, sono altri fattori come, ad esempio, il ruolo e l’incarico dei singoli parlamentari. L’osservatorio civico Openpolis ha pubblicato il nuovo rapporto sullo stato della produttività parlamentare della XVII legislatura. Attraverso elementi quantitativi e qualitativi è stata valutata l’azione di deputati e senatori per rilevarne l’efficacia, analizzando gli atti parlamentari dall’inizio della legislatura al 21 novembre 2016. L’obiettivo del rapporto è quello di distinguere “la grande quantità di attività che non producono effetti dalle poche iniziative che invece danno risultati”. Tra i criteri presi in considerazione, dunque, anche il consenso ottenuto su un provvedimento e la partecipazione del parlamentare ai lavori. “È evidente che se il contributo di circa il 70% dei parlamentari è limitato al partecipare alle votazioni, un problema c’è” rileva Openpolis. Di fatto alla Camera il 63,59% dei membri produce meno della media, al Senato la percentuale è del 61,78%.
PRODUTTIVITÀ NON UNIFORME – Dei 950 parlamentari in carica, la stragrande maggioranza svolge un ruolo minimo nella produzione legislativa delle due camere. Ruolo che spesso si limita a una partecipazione assidua ai lavori dell’aula, elemento che di per sé non basta ad alzare il livello di produttività. Che, infatti in entrambi i rami del Parlamento resta bassa per oltre il 70% dei membri. Quella tracciabile, legata alle attività istituzionali “sembra in mano a pochi eletti – rileva Openpolis – che riescono ad incidere più di altri su quello che succede in aula”. Analizzando i singoli gruppi politici, solo per il 27,27% dei gruppi alla Camera (Lega Nord, Sinistra italiana – Sinistra ecologia e libertà, Movimento 5 stelle) e per il 10% al Senato (Lega Nord) la maggior parte dei membri supera la media di produttività dell’aula. Al contrario, la maggior parte dei gruppi alla Camera ha una percentuale elevata di membri che producono meno della media. Molto alto il dato di Forza Italia (86% dei componenti sotto la media), Scelta civica – Maie (75%) e Partito democratico (72,09%). Al Senato il 61,78% dei membri produce meno della media. Solo un gruppo, la Lega Nord, ha la maggior parte degli eletti sopra la soglia. Significativo il dato di Grandi autonomie e libertà (92,86% dei componenti sotto la media), Alleanza liberalpopolare-autonomie (83,33%) e Forza italia (76,19%).
I RUOLI CHIAVE – L’elemento più influente, comunque, è un altro: il ruolo o l’incarico dei singoli parlamentari, soprattutto se si parla di presidenti e vice presidenti di commissione e dei capigruppo di aula e commissione. Un presidente di commissione alla Camera, per esempio, ha una media di produttività che è quasi 2 volte e mezzo quella di un parlamentare semplice, in Senato produce invece 1,5 volte più del resto dell’aula. Di conseguenza a seconda della presenza dell’incarico, varia anche la produttività. Qualche caso concreto? Per esempio da quando Nitto Palma (Fi-Pdl) ha perso la presidenza della commissione Giustizia al Senato, la sua produttività è diminuita dell’82,22%, mentre quella di Daniele Capezzone (Misto), presidente uscente della Commissione Finanze dell’80,27% e del 56,77% quella di Antonio Azzollini (Fi-Pdl) ex presidente della Commissione Bilancio al Senato.V iceversa, da quando Mazziotti Di Celso (Ci) è diventato presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera, la sua media mensile è aumentata del 203,06%, mentre quella di Giorgio Tonini (Pd), da quando è a capo della Commissione Bilancio al Senato ha registrato un +90,57%. “A queste figure – spiega Openpolis – spesso è affidato il ruolo di relatore, figura sempre più centrale in un Parlamento in cui l’iniziativa legislativa è principalmente in mano al governo”. L’altra evidenza che emerge dai dati è l’incapacità dei parlamentari che sono anche membri del governo di portare avanti il doppio incarico con successo: i ministri che sono anche deputati producono 1,7 volte meno della media.
LE CLASSIFICHE DI PRODUTTIVITÀ – Oltre a quella dei parlamentari più produttivi nei due rami, Openpolis ha stilato una graduatoria degli eletti che non ricoprono nessun incarico chiave, ma riescono comunque a incidere sulla produzione legislativa. Nella classifica generale, tra i primi 25 classificati a Montecitorio ci sono tre presidenti del Pd (Donatella Ferranti al primo posto, Ermete Realacci al decimo e Michele Bordo al 18°); 3 vice presidenti di commissione (Rocco Palese del Misto al 9° posto, Paolo Tancredi di Ap (Ncd-Udc) al 22° e Cristian Invernizzi di Ln al 24°), 1 capogruppo di aula (Massimo Fedriga di Ln al 2° posto) e 9 capigruppo in commissione. I gruppi più presenti sono Partito democratico e Lega Nord. Sono 8 i deputati senza ruoli chiave che rientrano nella classifica generale. Nella top 25 di Palazzo Madama, invece, ci sono 3 presidenti e 2 vice presidenti di commissione, 2 capigruppo di aula e 11 capigruppo in commissione. Il gruppo più presente, con ben 12 membri, è il Pd. Sette i senatori senza ruoli chiave. Ma quali sono i parlamentari più produttivi, pur non avendo incarichi ‘strategici’? Alla Camera i primi 5 sono Marco Causi (Pd), Fabio Porta (Pd), Andrea Colletti (M5s), Antonio Misiani (Pd) e Gianni Melilla (Si-Sel). Al Senato sono Giorgio Pagliari (Pd), Magda Angela Zanoni (Pd), Nitto Francesco Palma (Fi-PdL), Carlo Pegorer (Pd) e Antonio D’Alì (Fi-Pdl).