Il reato di estorsione non c’è e se sussistesse quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni quest’ultimo non consente la custodia cautelare. È questo, in sintesi quanto emerge dalla lettura delle motivazioni del tribunale del Riesame di Palermo dell’ordinanza con cui ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per estorsione nei confronti dell’avvocato Giuseppe Arnone, ex consigliere comunale di Agrigento e leader ambientalista.
Arnone era stato arrestato il 12 novembre con l’accusa di estorsione alla collega Francesca Picone. A fermarlo, all’uscita dello studio della collega dove aveva intascato due assegni per un importo di 14 mila euro, erano stati i poliziotti della Mobile di Agrigento. Secondo la Procura, quei soldi sarebbero state “le prime due rate di una tangente di 50mila euro che Arnone avrebbe chiesto a Picone per non alzare clamore mediatico su una pregressa vicenda giudiziaria che vede la donna imputata per irregolarità nei confronti di una sua cliente, successivamente assistita proprio da Arnone. L’indagato aveva sempre affermato che quegli assegni erano legittimi e dovuti nell’ambito di una transazione tra Picone e la sua cliente che non si sarebbe costituita parte civile nel processo all’avvocatessa imputata di estorsione.
“Il Riesame impartisce una vera e propria lezione di Diritto privato al giudice riprendendo esattamente gli argomenti civilistici da me usati quando ero in carcere: ovvero che il gip ignora totalmente – dice Arnone – la norma del codice civile che disciplina la transazione e che la prevede anche per prevenire liti o contenziosi ed evitare che arrivino avanti ad un Tribunale. Non è esagerato far notare che il Csm dovrà a questo punto anche occuparsi ed in modo penetrante della preparazione giuridica del giudice Provenzano, e dei pm Cinque e Macaluso. Ignorando regole basilari che conoscono pure i miei ex allievi del ragioneria, mandano la gente in galera”.
“Le qualificate modalità di esecuzione della condotta in contestazione, scrive il Riesame, – dice Arnone – ad avviso di questo Tribunale non consentono di ritenere il quadro indiziario neanche del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Ovvero secondo il Tribunale del Riesame la mia condotta non solo non presenta indizi del grave reato di estorsione, ma neppure del minimale e quasi risibile reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni”.