“Grazie a questa operazione che mantiene la proprietà nel perimetro pubblico, l’Archivio centrale dello Stato, il Museo Pigorini, il Museo dell’Alto Medioevo e il Museo delle Arti popolari continueranno a vivere in edifici di grande valore storico e architettonico. Un patrimonio della nazione che ora deve essere valorizzato al meglio per fare all’Eur un grande polo museale”. Sembravano preludere a un nuovo inizio le parole del ministro Dario Franceschini dopo che, nel dicembre 2015, l’Inail aveva acquistato da Eur spa gli immobili che ospitavano quelle istituzioni.

E in effetti a settembre 2016, in base al piano di riforma e riassetto delle strutture del Mibact, è nato il Museo delle Civiltà del quale il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini è parte rilevante. Ma dentro quel Museo, “centro di eccellenza nella ricerca e nella promozione del patrimonio paletnologico ed etnoantropologico conservato nel nostro Paese”, la cui origine come istituzione scientifica e di tutela risale al 1875, le cose non sembrano andare così bene. “La struttura più che un museo è un deposito di fossili e scheletri appoggiati in delle teche di vetro in un contesto caratterizzato da muri sporchi e da imbiancare, didascalie spesso scritte a penna, spiegazioni con linguaggi da libro di geologia e senza un minimo di animazione per bambini e sale tv modello reparto di chirurgia in un policlinico italiano”. Ne parla così a novembre un visitatore che commenta l’esperienza su Tripadvisor, e non è il solo. Sfortunatamente tutto vero.

Le vetrine a metà della scalinata monumentale d’ingresso che sale al primo piano contengono materiali archeologici straordinari da Coppa Nevigata in Puglia, dalla Cultura di Castelluccio in Sicilia, da Canale in Calabria, da Barbarano Romano nel Lazio fino alla Sicilia. Peccato che l’allestimento, didascalie comprese, sia assolutamente inadeguato. Nelle sale espositive del settore etnografico riguardanti l’Africa, le Americhe e l’Oceania, si arriva con grandi aspettative. Ci sono gli oggetti raccolti nel Seicento dal gesuita Athanasius Kircher, provenienti dal Congo e dall’Angola, dalla Cina, dal Brasile e dal Canada. Ci sono le raccolte che viaggiatori ed esploratori andavano riportando dai loro viaggi tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900. E c’è tantissimo altro.

Visibile in numerosi casi nella penombra causata dalla mancanza di luci negli espositori e di punti luce, in alto, nelle diverse sale. Sarà così finché non si provvederà alla sostituzione delle lampade. Al secondo piano c’è la preistoria. “Sezione espositiva del Paleolitico in riallestimento. Ci scusiamo per il disagio arrecato”, si legge su un cartello all’ingresso della sezione. L’avvertenza non impedisce di meravigliarsi. Espositori che costringono ad abbassarsi ed alzarsi per provare a osservare i materiali, didascalie addirittura scritte manualmente su supporti cartacei irregolari, illuminazione del tutto inadeguata.

Le luci assenti sono la vera criticità anche nelle altre sezioni, soprattutto in quella dell’Eneolitico, dove sette su nove espositori sono al buio. Ovunque si vada, nessun custode. In assenza di un sistema di videosorveglianza non è un elemento trascurabile. Gli allestimenti, specialmente quelli relativi alla Preistoria, sono incapaci di valorizzare le straordinarie collezioni presenti. Il percorso museale rintracciabile con difficoltà e comunque mal segnalato. Il risultato è stato un progressivo calo dei visitatori: 31.910 quelli registrati nel 2015, contro i 35.038 del 2014 e i 35.698 dell’anno precedente. Una certezza tra molte incertezze è che nel consuntivo del Mibact sul 2016 non c’è nessun finanziamento per il museo.

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