“Vogliamo anche far capire che non è facile fare le cose a Crotone. Si parla di mafia ma ci sono delle lobby molto più organizzate che sicuramente vogliono il non sviluppo. Quando parliamo di turismo bisogna fare cose belle che stupiscono, dove la gente viene perché sono posti belli. Scifo è un posto bello, è di proprietà dei fratelli Scalise ed è la che si devono fare le cose. Cose di qualità, posti di qualità e dare la qualità a quanti scelgono Crotone come meta delle loro vacanze”.
Armando Scalise, capofila di un progetto al quale partecipano altri trenta imprenditori calabresi, era raggiante il 19 maggio 2016. Il Tar della Calabria si è appena pronunciato a favore del Gruppo Scalise Sport. Il Marine Park Village si farà. Il villaggio turistico che prevede 79 bungalow su basi di cemento armato, con accesso al mare, su un’area di circa 75.000 mq, diventa realtà. Terra di Calabria, in provincia di Crotone, affacciata sul mare. Più in là Torre Scifo. Ancora più avanti Capo Colonna, l’area archeologica e la colonna dorica del tempio di Hera Lacinia.
Un paesaggio d’incanto, nel quale archeologia e ambiente s’intrecciano. Perché quell’area ha anche una documentata rilevanza archeologica, “sia in mare sia sulla terraferma”, scrive l’archeologa Margherita Corrado. Nonostante questo il villaggio si farà. Anzi, si sta facendo. Il cantiere ha ripreso le sue attività, proprio alle porte delle festività di Natale. Nulla e nessuno sembra davvero in grado di fermare le “cose di qualità” delle quali parla Armando Scalise. Il progetto sembra inarrestabile.
Nell’ottobre 2008, ha ottenuto l’autorizzazione paesaggistica della Provincia di Crotone, poi a aprile 2009 il parere favorevole della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici di Cosenza, anche se in mancanza del nullaosta paesaggistico. Nel dicembre 2011 si aggiunge anche il permesso a costruire rilasciato dal Comune di Crotone, nonostante il piano regolatore generale comunale all’articolo 73 del Capo 2 preveda in questa zona “l’esercizio dell’agriturismo […] come forma di offerta turistica”. Poi tra il 2012 e il 2015 la questione si arresta, e riparte. Poco convinto e peraltro intermittente il ruolo svolto, tra luglio e settembre 2016, dalla Soprintendenza archeologica della Calabria che prima, attraverso il Segretario Regionale e Soprintendente ad interim, Salvatore Patamia, ordina una nuova sospensione/inibizione dei lavori e dopo, con il neo Soprintendente Mario Pagano, non dà seguito al provvedimento in assenza “di strutture antiche o di altre evidenze che giustifichino l’avvio di un procedimento di dichiarazione di importante interesse”.
Certo a ottobre il Segretario Regionale per la Calabria invita la Soprintendenza a procedere in vista della dichiarazione dell’interesse pubblico de “l’area retrostante la fascia costiera già sottoposta a tutela paesaggistica”. Ed è vero che la Direzione Generale Archeologia dà parere favorevole. Ma in ogni caso tutto rimane così. Ininfluenti sono i pronunciamenti dei diversi tribunali. Così a settembre 2016 il Tribunale del Riesame non convalida il fermo lavori disposto il 04.07.2016 e dissequestra il cantiere. Non va meglio con il Consiglio di Stato che a settembre 2016 respinge il ricorso in appello proposto dal Mibact mediante l’Avvocatura dello Stato contro la pronuncia del Tar di Catanzaro che a maggio 2016 aveva annullato la sospensione dei lavori ordinata in gennaio dal Soprintendente.
Eppure ci sono i tentativi di associazioni, non solo locali. E’ dei primi giorni di dicembre l’interpellanza di Legambiente alla Commissione Europea sul villaggio in area Sic Fondali Crotone-Le Castella. E’ pressoché ininterrotta la denuncia operata da Gettini di Vitalba e Sette Soli, le due associazioni che con comunicati, denunce e accesso agli atti, cercano di far emergere le incredibili criticità del progetto. Eppure ci sono state alcune interrogazioni parlamentari del Pd e del M5s. Sforzi inutili, sfortunatamente.
Forse un’idea sul perché il Marine Park, anche se tra ritardi e rinvii, sembri diventato quasi necessario, lo si intuisce da un’intercettazione di Gaetano Blasco, uno degli organizzatori, per i giudici, della cupola mafiosa smantellata l’anno scorso dall’operazione “Aemilia”, 160 arresti che hanno svelato il timone della ‘ndrangheta su politica e appalti da Cutro alla pianura padana. “Là c’è più lavoro che qua […] adesso […] a Capo Colonna […] stanno facendo certi progetti a Capo Colonna […] devono fare cinquecento case di legno”, dice Blasco, come riporta Francesca Sironi in un’inchiesta su L’Espresso.it.
Insomma quei bungalow sono ormai in procinto di calpestare diritti, di infrangere regole, di scontrarsi perfino con il buonsenso. La geografia di quel sito ridisegnata per il business. “Si parla di sviluppo, di sviluppo turistico, si continua a dire che nessuno vuole investire ma gli stessi calabresi che vogliono investire vengono fermati e non si capisce perché”. Per certi versi, quasi giustificabile la scelta di “non capire” da parte di Armando Scalise, proprietario dell’area sulla quale si sta realizzando lo scriteriato progetto. Molto meno lo è il ruolo più che marginale che ha sostanzialmente deciso di avere chi dovrebbe occuparsi istituzionalmente della tutela nei territori. Insomma il Mibact. Forse anche per questo le ruspe sono al lavoro nel cantiere del “Marine Park”, a Natale.