Una nuova ipotesi sull’inafferrabile materia oscura. A pochi giorni dalla scomparsa dell’astronoma Vera Rubin, che aveva dimostrato l’esistenza della componente misteriosa e invisibile dell’universo  è stato pubblicato uno studio in cui si presuppone un suo restringimento. La sua natura è ancora inesplicabile, ma ci sono elementi sufficienti per calcolare che dall’epoca del Big Bang questa materia invisibile, che comporrebbe il 25% del cosmo, si sia ridotta dal 2% al 5% e non si sa se questo processo sia ancora in atto. Questi calcoli sono stati pubblicati sulla rivista Physics Review D dagli astronomi coordinati da Dmitry Gorbunov, dell’Istituto di Fisica e Tecnologia di Mosca (Mipt) e dell’Istituto per la ricerca nucleare (Inr) dell’Accademia Russa delle Scienze.

La riduzione della materia oscura, secondo i ricercatori russi spiegherebbe la discrepanza fra i dati su questa componete misteriosa del cosmo della missione Planck, dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), che nel 2013 aveva ottenuto la mappa dell’Universo primordiale utilizzando il segnale a microonde proveniente da poche centinaia di migliaia di anni dopo il Big Bang, e le osservazioni dell’universo come è oggi. Questo conflitto nei dati fa ipotizzare due cose: “o che siamo di fronte ad un qualche tipo di errore nei dati o che la composizione del giovane universo fosse diversa da quella del cosmo di oggi”, ha detto uno degli autori, Igor Tkachev, dell’Inr e dell’Mipt. I ricercatori russi hanno optato per la seconda ipotesi e hanno immaginato che la materia oscura potrebbe essere fatta di due elementi, uno stabile e l’altro instabile che nel tempo è decaduto in altre particelle, e hanno calcolato che, a causa del decadimento, sarebbe appunto scomparsa una percentuale di materia oscura compresa tra il 2% e il 5%.

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