Con una mano il governo Gentiloni firma il decreto Salva risparmio, con l’altra tenta di riconciliarsi con i cittadini che inevitabilmente pagheranno il salato conto degli errori di banchieri e politici. Nei giorni cruciali per il futuro di Mps, l’esecutivo ha dato l’ok in via preliminare al decreto legislativo sulla comparabilità delle spese e accesso al conto di pagamento, ora all’esame della commissione Finanze della Camera. La normativa, introdotta in attuazione della direttiva comunitaria 2014/92, interviene in favore dei clienti di banche, Poste e, in generale, degli istituti di pagamento. Come? Introduce nuove regole di trasparenza sulle spese secondo un modello dell’Autorità bancaria europea (Eba) che favorirà “la confrontabilità, anche a livello europeo, delle offerte relative ai conti di pagamento”, come spiega la relazione tecnica al decreto. L’iniziativa è dunque meritevole perché punta a riequilibrare il rapporto di forza tra clienti e istituti. Tuttavia, senza un adeguato e veloce sistema di controllo e sanzione, rischia di trasformarsi un’arma spuntata nelle mani dei cittadini.

Nel dettaglio, il decreto introduce due nuovi documenti (uno informativo sulle spese, l’altro riepilogativo) che gli istituti finanziari dovranno predisporre per informare al meglio il cliente. Inoltre, per favorire la portabilità, sancisce il diritto al trasferimento gratuito di uno o più servizi di pagamento “ricorrenti” (come ordini permanenti di bonifico o addebiti diretti) nel termine massimo di 12 giorni lavorativi. Sulla carta, il decreto introduce quindi una serie di novità che giocano tutte a favore del mercato e della clientela che voglia cambiare banca. Finora infatti il trasferimento di tutti i servizi di pagamento si è scontrato con l’inerzia dei gruppi finanziari interessati ad allungare il più possibile la permanenza del cliente.

Con questa norma attuativa, invece, il governo stabilisce precise sanzioni per i soggetti inadempienti: le banche o altri istituti che violino le nuove norme, saranno infatti tenuti al risarcimento del danno “anche non patrimoniale” pagando al cliente una penale da 40 euro “senza indugio e senza che sia necessaria la costituzione in mora“. La somma in questione è inoltre maggiorata per ogni giorno di ritardo di un ulteriore importo determinato applicando il tasso annuo più alto nel periodo di riferimento alla somma presente sul conto al momento della richiesta di trasferimento.

Il decreto fissa, insomma, regole precise su un tema che riguarda le tasche di tutti i cittadini italiani. A meno che il testo non venga modificato, tuttavia, in caso di inadempienza della banca non ci sarà un intervento automatico delle autorità di vigilanza. Toccherà infatti sempre al cliente presentare un esposto alla Banca d’Italia o ricorrere per vie giudiziarie o stragiudiziali. Con il risultato che il decreto, nato per incrementare la concorrenza e ricostruire la fiducia nel sistema creditizio, rischia invece di portare benefici più teorici che pratici per i consumatori, troppe volte schiacciati dalla forza contrattuale delle banche.

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