Secondo Emiliano Brancaccio, docente all’Università del Sannio, gli obiettivi annunciati dal premier sono "inconciliabili con una politica macroeconomica soggetta ai vincoli europei, quindi votata all’austerity". Peraltro Gentiloni si è detto orgoglioso del Jobs Act anche se l’occupazione è cresciuta in Italia molto meno della media europea. Anche sui voucher "non è credibile: parla di ritocchi, come ci si può fidare?"
“Dice di voler puntare sui giovani, sui disoccupati e sul Mezzogiorno. Ma al contempo rivendica la continuità del suo esecutivo con le politiche di Matteo Renzi“. È questa, secondo Emiliano Brancaccio, la “palese contraddizione” nelle parole pronunciate da Paolo Gentiloni durante la conferenza stampa di fine anno a Montecitorio. Docente all’Università del Sannio e promotore di vari appelli di economisti contro le politiche di austerità, Brancaccio indica un altro paradosso che è emerso dal discorso dal neo-premier: “Gentiloni ha indicato alcuni obiettivi ambiziosi in materia di diritto del lavoro e di rilancio dell’occupazione. Obiettivi inconciliabili, però, con una politica macroeconomica soggetta ai vincoli europei, che quindi resta votata all’austerity“.
Rispondendo ai giornalisti in un’aula della Camera, Gentiloni si è detto orgoglioso delle misure messe in campo dal suo predecessore a Palazzo Chigi: “Il Jobs Act è una ottima riforma. Nel contesto dell’economia italiana e dei suoi livelli di crescita i nostri numeri sul lavoro a tempo indeterminato e sulla riduzione della disoccupazione vanno nella direzione giusta”. Secondo Brancaccio, però, lo scenario descritto dalle ricerche di vari istituti internazionali è assai diverso: “Non c’è nulla di cui compiacersi. I dati ufficiali mostrano che dall’approvazione del Jobs Act in Italia l’occupazione è cresciuta molto meno della media europea. Questo risultato non deve meravigliare: ormai persino nei report dell’Ocse, del Fmi e della Banca Mondiale si ammette che non esiste prova empirica dello slogan secondo cui la precarizzazione del lavoro stimolerebbe l’occupazione. Magari Gentiloni non ha idea di questi studi, ma Padoan li conosce bene. Sarebbe intellettualmente onesto se ne tenesse conto e li segnalasse al premier”.
Insomma, mantenere un nesso politico con l’esperienza del governo Renzi significa “condannarsi all’impossibilità di risolvere i problemi sociali e occupazionali più urgenti”, afferma Brancaccio. “La questione meridionale va affrontata in maniera seria, non a forza di slogan o misure spot com’è stato fatto nei mesi passati. Stesso discorso per quanto riguarda la disoccupazione giovanile e il disagio delle classi meno abbienti. Gentiloni dice di porsi sulla scia del lavoro fatto da Renzi: forse dovrebbe ricordare che proprio queste categorie sociali hanno più seccamente bocciato il precedente governo nel referendum del 4 dicembre“.
Altro “obiettivo primario” fissato dal premier è quello della “universalizzazione delle tutele. In questo senso – ha dichiarato Gentiloni – sono stati fatti molti passi avanti ma si può fare molto di più”. Brancaccio non nasconde, anche su questo punto, il suo scetticismo: “I precedenti governi, compreso quello di Renzi, si sono limitati a spostare voci di spesa da un capitolo all’altro, senza espandere i finanziamenti complessivi destinati al sostegno dei disoccupati“. Un risultato, questo, che è dipeso anche dai vincoli di bilancio imposti dall’Unione Europea. “Vincoli che restano stringenti quando si tratterebbe di difendere i più deboli, e che invece vengono prontamente allentati quando si tratta di far fronte alla crisi bancaria, per la quale si è deciso di ricorrere a debito straordinario”.
Infine, i voucher. “Non sono il virus che semina il lavoro nero“, ha precisato Gentiloni, pur ammettendo che c’è la necessità di “correggere gli abusi” e di farlo “in tempi rapidi”. Brancaccio è risoluto: “Gentiloni e il suo governo, su questa tematica, non sono credibili. Il premier parla di ritocchi, di adeguamenti. Ma qui il punto è che il Jobs Act andava in una direzione ben precisa: sulla scia di riforme precedenti ha esteso l’uso dei voucher quando le nefandezze legate alla liberalizzazione del lavoro accessorio erano già sotto gli occhi di tutti. Evidentemente – prosegue l’economista – chi ha sostenuto quella legge era convinto che quella fosse la strada giusta. Ora, Gentiloni rivendica come un successo il Jobs Act: come ci si può fidare della sua volontà di sistemare i disastri che quella legge sta causando? Le contraddizioni, come si vede, proseguono”.