“Le disposizioni di cui all’articolo 2-bis del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con mortificazioni (…)”. Trascrizione testuale dall’articolo 13 del decreto Milleproroghe, pubblicato venerdì sera in Gazzetta ufficiale.
Che in Italia ci sia un problema di qualità della produzione legislativa non è una novità. Solo nell’ultimo mese e mezzo, per dire, la Consulta ha bocciato il cuore della riforma Madia della pubblica amministrazione perché il governo Renzi non ha tenuto conto del fatto che per scrivere i decreti attuativi serviva un’intesa con le Regioni e il Consiglio di Stato ha sospeso quella delle banche popolari ritenendola a rischio incostituzionalità. Mentre è del luglio scorso la notizia che il nuovo Codice appalti ha avuto bisogno di un apposito “avviso di rettifica” per correggere la bellezza di 181 errori disseminati nei 220 articoli del testo.
Ma non si era ancora arrivati alla “mortificazione”, che evoca scene di flagellanti che si frustano la schiena in segno di penitenza. Il refuso che ha trasformato le “modificazioni” in una pratica quaresimale, tra l’altro, somiglia molto a un lapsus freudiano: infatti il decreto a cui fa riferimento l’articolo è quello sul fisco, con dentro le norme sul (finto) addio a Equitalia e sulla rottamazione delle cartelle esattoriali. Non resta che sperare che con il nuovo anno arrivi la doverosa rettifica.