Cinema

Veloce come il vento, Fiore e Pericle il nero: tre belle pagine di nuovo cinema italiano

Una storia noir, scomoda, di mafie da esportazione. Un personaggio sfuggente che spesso graffia sensibilità e buona creanza del pubblico come la pancia di una bottiglia rotta. Il regista Stefano Mordini ha tradotto in immagini il romanzo di Giuseppe Ferrandino, pubblicato nel ’93, ne è venuto fuori il film omonimo Pericle il nero. Mentre nelle mani dei produttori Valeria Golino e Riccardo Scamarcio, che veste anche il ruolo del protagonista, l’ambientazione cartacea tra Napoli e Pescara si è spostata a Bruxelles e Calais. Precedentemente il progetto era nelle mire di Abel Ferrara, e chissà quanto lo avrebbe reso più pulp ed ancora più emotivamente disturbante. Ma questa è un’altra storia. La nostra è quella di uno sgherro senz’anima che fa il riscossore di pizzo di un boss italiano all’estero, e della sua fuga solitaria dovuta al pericoloso pasticcio combinato sul lavoro che lo porterà a guardare la vita sotto nuova luce.

Quando trovi in homevideo un film come questo, applaudito all’ultimo Festival di Cannes, poi vincitore di tre Nastri d’Argento e anche incluso nei sette titoli italiani selezionati per la nomination all’Oscar per il Miglior film straniero vorresti saperne di più sulla lavorazione, sulle ambientazioni di respiro europeo, su trasposizione della carta in pellicola e dei lavori umani intorno a un protagonista ostico e quasi privo d’empatia persino con il pubblico. Invece i contenuti speciali concedono soltanto uno striminzito trailer. Per approfondire, in barba alla BiM che lo ha portato in sala e nei lettori di casa, un breve backstage viene dal portale Rai, ma si può trovare qualcosina anche su YouTube.

Un posto tra quei sette titoli da Oscar lo avrebbe meritato Veloce come il vento, un lavoro che in qualità dà filo da torcere a tanti americani di genere, tanto che è stato venduto in 40 paesi. Il regista è Matteo Rovere, giovane, talentuoso e felicemente folle al punto di trasformare il bel Stefano Accorsi in un tossico ex-campione di Rally alle prese con la sorella, giovane promessa delle corse GT. Una Matilda De Angelis che ha fatto gridare eureka a chi cercava una nuova splendida attrice di vent’anni. Veloce è l’esperimento riuscitissimo di una storia action familiare che a momenti toglie il fiato per le corse in auto e in altri si fa toccante per il burrascoso rapporto tra fratelli agli antipodi.

Il percorso di crescita dei due personaggi che potrebbero essere indimenticabili (solo il tempo ce lo dirà) rivela i suoi meandri dagli extra in Blu-Ray. Il making of è suddiviso in diversi capitoli che ci portano sul set e dietro le macchine da presa poggiate a bordo pista per farci sfiorare da vento e pneumatici. Una magia cinematografica per una volta tricolore a discapito di stelle e strisce. Ma niente effetti digitali, “solo” tanti stunt, veri campioni di Rally chiamati sul set, città chiuse al traffico come Imola, una fast-car per le riprese in corsa, droni e tanta concentrazione da parte del cast luminoso. Se gli stessi protagonisti parlano alla camera delle loro fatiche per entrare e uscire dai personaggi, il regista spiega le necessità che lo hanno portato a questo film, mentre un intervento del sound designer Mirko Perri immerge lo spettatore nel mondo dei suoni e rombi automobilistici orchestrati per tirare fuori quelle emozioni che per Accorsi “fanno saltare dalla poltrona”. E detto tra noi, ha ragione da vendere.

Passiamo dall’adrenalina per tagliare il traguardo a quella per raggiungere la persona amata con Fiore, presentato e applauditissimo anch’esso a Cannes. Un carcere minorile: una palazzina femminile, l’altra maschile. Due ragazzi si conoscono e si amano a distanza come due Romeo e Giulietta dietro le sbarre. Il plot di Claudio Giovannesi era semplice e lineare, tensione e ostacoli per il più forte sentimento adolescenziale sono palpabile per tutto il film. Tra i migliori italiani dell’anno. Nei contenuti speciali stavolta la BiM concede al disco backstage e interviste che mettono in luce la pulsante veracità di un lavoro reso ancor più sincero da tanti attori non professionisti. Ne parla dal set Valerio Mastandrea, che interpreta il padre della protagonista Daphne Scoccia, mentre l’innamorato Josciua Algeri si sbottona sul suo passato. Perfetti entrambi nei loro ruoli. È sempre un grande piacere quando il cinema italiano sforna buoni lavori come questi. Tanto implacabile con le perdite è stato questo 2016 ma altrettanto generoso con molti nostri film, e tanto beffardamente eufemistico sarà l’augurio: buon ’17.