No ai Giochi. E lo stadio della Roma?
Gli atti decisivi della Raggi nel suo primo semestre si riducono essenzialmente all’aver detto no ai Giochi olimpici. Uno scalpo, quello della candidatura di Roma 2024, che la sindaca ha potuto esibire di fronte a vertici e base del Movimento 5 stelle, tutti contrari al progetto della coppia Malagò-Montezemolo. E infatti quello è stato forse l’unico momento di piena armonia in Campidoglio. Più difficile, però, sarà dire no anche al nuovo stadio della Roma, su cui rischia di aprirsi un altro tormentone. La battaglia ideologica contro il cemento e le cubature (tutte però finanziate da fondi privati) divide giunta e consiglieri. Oltre al pericolo di una causa per danno erariale, c’è il timore di rinunciare a un’altra iniezione di risorse di cui la città ha bisogno. In Campidoglio confidano sempre sul famoso “patto per Roma”, sulla falsariga di quelli che il governo ha sottoscritto un po’ con tutte le grandi città e Regioni italiane tranne la Capitale (e anche Torino, altra metropoli governata dal M5s, dove però almeno i primi colloqui erano stati avviati): sembrava pronto per essere lanciato a inizio dicembre, poi è stato congelato dopo l’esito del referendum e le dimissioni di Matteo Renzi (anche con qualche malumore interno di chi teme di aver perso il momento giusto). Adesso il nuovo premier Gentiloni si dice “disponibile ad incontrare la Raggi nell’interesse della Capitale”, ma i tempi si sono allungati. La certezza, ormai anche dentro il M5s, è che senza investimenti Roma non potrà rialzarsi. Il problema resta dove trovare i fondi.
Politica
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