FCA non sembra intenzionata, per il momento, a proporre una nuova generazione della sua fortunata utilitaria. Soprattutto per esigenze di bilancio. Restano tuttavia sul tavolo alcune ipotesi su come l'eventuale Punto di domani potrebbe (ri)nascere
La categoria di quelle che una volta erano dette “utilitarie”, che gli addetti ai lavori ora chiamano “segmento B”, è viva e vegeta. Non solo, ma si sta completamente rinnovando. All’ultimo Salone di Parigi Citroen ha presentato la nuova C3 e Nissan la quinta generazione della Micra, mentre Renault ha da poco ritoccato la sua Clio. Kia invece è pronta a lanciare la nuova Rio, mentre Ford e Suzuki hanno già svelato le future edizioni di Fiesta e Swift. E tutte sono in attesa della Volkswagen Polo model year 2018, pronta ad arrivare sul mercato nei prossimi mesi ereditando l’ossatura della Golf.
E FCA? Al suddetto party delle 4 ruote “cittadine” il sodalizio italo-americano sembra non voler presenziare, impegnata com’è a far quadrare i conti e ancora alla ricerca di un’alleanza industriale che vada oltre la semplice collaborazione su singoli progetti o modelli. Un vero peccato, visto che in passato era stata proprio Fiat a insegnare al resto del mondo come si costruiscono le utilitarie: dalla 500 alla 127, passando per la Uno e arrivando alla stessa Punto.
La linea ufficiale di Torino a riguardo è che il segmento B, quello che ha fatto la storia di Fiat, è anche quello “poco redditizio”, “dove i margini di guadagno sono ridottissimi”. Parole di Alfredo Altavilla, Chief Operating Officer Emea di FCA che, interpellato sul futuro della Punto, ha specificato come sia necessario “fare ragionamenti pragmatici e vedere se i soldi che s’investono in nuovi modelli poi tornano effettivamente a casa”.
Qualunque cosa volesse dire, la sua rimane una posizione più possibilista rispetto a quella di Sergio Marchionne, che verso la fine di luglio aveva dichiarato: “Una delle scelte su cui siamo stati fortunati è stata non rinnovare la Punto. Avremmo fatto un errore di dimensioni bestiali perché il mercato è cambiato”. Probabilmente è vero, ma questo non spiega come mai la diretta concorrenza riesca ancora a fare utili sulle citycar di questo tipo e Fiat no.
Ma perchè parlarne proprio ora? Il caso Punto è tornato alla ribalta nelle ultime settimane a causa dei numerosi avvistamenti di prototipi della “X6H”: questo è il nome in codice della nuova Punto per il mercato brasiliano, un modello che manderà in pensione la variante locale della Punto europea e la Palio. E che secondo alcuni potrebbe arrivare anche da noi, rivista e corretta per le esigenze europee: un processo simile a quanto succede per la Tipo, che in configurazione berlina nasce per i mercati emergenti ma che, nelle varianti due volumi e wagon, presenta allestimenti specifici per il vecchio continente. Tuttavia, se quest’ipotesi si confermasse vera, si proporrebbe al mercato un prodotto posizionato leggermente al di sotto della diretta concorrenza, come listino e soprattutto a livello tecnologico, che rischierebbe peraltro cannibalizzazioni con altri modelli della gamma Fiat.
In realtà, pare che FCA abbia anche preso in considerazione l’adozione di una nuova piattaforma costruttiva, già predisposta per motorizzazioni ibride, elettriche e per la guida autonoma. Tuttavia il progetto, idoneo a fare da architettura costruttiva a vetture di segmento B e C, sarebbe stato momentaneamente congelato a causa dei suoi costi elevati. Per questo anche la Punto per il Sudamerica sarà costruita sul pianale “B-Wide” – lo stesso di 500X e Tipo, introdotto nel 2012 con la 500L – mentre sotto al cofano finiranno i nuovi propulsori benzina “Firefly” 1.0 a 3 cilindri e 1.3 a 4 cilindri.
Altra ipotesi. La “Punto” di domani potrebbe venir fuori dal rinnovamento della 500, ormai sulla breccia dal lontano 2005: il nuovo modello dovrebbe arrivare entro la fine della decade e non è escluso possa essere proposto in un’inedita variante a 5 porte… che coprirebbe il segmento B per tutta la galassia FCA. Il che significherebbe risparmiare, ma anche sfruttare ulteriormente il nome “500”: una sovraesposizione non salutare per l’aura premium che si è voluta conferire al modello di punta del brand.
Il gruppo italo-americano, inoltre, per ora sembra non essere intenzionato a rinnovare nemmeno l’Alfa Romeo MiTo né la Lancia Ypsilon: questo nonostante Audi abbia dimostrato come si possa vendere premium di taglia piccola come la A1, e la Ypsilon (così come la Punto) rimanga costantemente fra i 10 modelli più venduti sul nostro mercato. Nel frattempo a Melfi, dove viene prodotta la “moritura” Punto, sono stati già stati tre i cicli di cassa integrazione per gli operai: ciò sta creando una certa tensione anche fra i sindacati, desiderosi che FCA affianchi un terzo modello a quelli già in produzione presso lo stabilimento lucano (i primi due sono Fiat 500X e Jeep Renegade).
Comunque la si veda, dunque, il futuro della Punto (come la nascita di altri modelli FCA) è una questione di politica industriale, ma soprattutto di soldi. Per quanto riguarda la prima, il nodo è dove eventualmente fabbricarla e come gestire i vari impianti garantendo livelli ottimali di capacità produttiva. Poi c’è la questione debiti, che frena nuovi investimenti: FCA dovrebbe chiudere il 2016 con un indebitamento stimato intorno ai 5 miliardi di euro, il che ha alimentato le recenti voci su un possibile spin-off di marchi come Alfa Romeo e Maserati (forti di nuovi prodotti come la Giulia e i suv Stelvio e Levante), sostanzialmente per fare cassa. Solo ipotesi accademiche, per ora. Come la Punto che, eventualmente, verrà.