I renziani all'attacco. "Alla fine Grillo scoprirà la Costituzione", "Un codice salva-Raggi", "Garantisti per convenienza". La replica: "L’idea del codice etico è talmente lontana dalla loro logica opportunistica che fanno fatica a comprenderne il significato". Ma il sindaco di Parma rilancia: "Avevo ragione io quando chiedevo spiegazioni e restavano tutti in silenzio"
“Alla fine Grillo scoprirà la Costituzione” ironizza Andrea Marcucci. “Grillo vara un codice salva-Raggi come Berlusconi approvò la legge salva-Previti” provoca Michele Anzaldi. “La svolta garantista del M5s è la tomba del grillismo” annuncia Alessia Morani. A commentare il nuovo decalogo dei Cinquestelle in materia di coinvolgimento in vicende giudiziarie dei propri iscritti è soprattutto il Partito Democratico, che d’altra parte è stato spesso bersaglio delle critiche del Movimento proprio sulla “questione morale“. In particolare sono i renziani del partito a spingere sull’acceleratore: “Dopo i guai giudiziari #M5S – scrive su twitter la vicesegretaria Debora Serracchiani – Grillo scorda le manette e diventa garantista per convenienza. L’unica regola sopravvissuta: decidono Casaleggio&C”. “Fantastico Grillo – aggiunge il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini – L’avviso di garanzia diventa condanna preventiva solo per chi decide lui. Comiche”. L’unico fuori dal coro sembra Michele Emiliano, governatore della Puglia: “Mi pare una giusta svolta”.
Su Twitter il commento del senatore Marcucci diventa la miccia per uno scambio serrato con il parlamentare del M5s Danilo Toninelli: “@AndreaMarcucci quale Costituzione? Quella che volevate demolire e che i cittadini hanno salvato? #M5S sempre in difesa della Costituzione!”. Controreplica di Marcucci: “@DaniloToninelli la stessa Costituzione che voi ignorate”. Toninelli insiste: “@AndreaMarcucci col nostro codice etico garantiamo disciplina e onore dei portavoce #M5S. Voi invece premiate De Luca con sue minacce morte”. “Per certi rappresentati del Pd e dei partiti – commenta Alfonso Bonafede, deputato Cinquestelle – l’idea del codice etico è talmente lontana dalla loro logica opportunistica che fanno fatica a comprenderne il significato. Se tra i cittadini la sfiducia nella politica e nei suoi rappresentanti è altissima è proprio a causa loro, che hanno sempre difeso la casta e i suoi amici, ponendola al di sopra della legge. Andiamo avanti con la schiena dritta, il cambiamento passa attraverso l’onestà”.
Alla fine #Grillo scoprirà la Costituzione. Comunque si, avviso di garanzia non è una condanna. #M5S
— Andrea Marcucci (@AndreaMarcucci) 2 gennaio 2017
Ma tra chi commenta il nuovo codice di comportamento dei Cinquestelle c’è anche un ex del Movimento, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti che ha lasciato il M5s dopo mesi di sospensione mai scaturita in una sanzione perché a giudizio di Beppe Grillo non aveva avvisato tempestivamente del fatto che era indagato in un’inchiesta poi finita con un’archiviazione. “Oggi, a distanza di ben sei mesi, è arrivata la conferma di quanto ho sempre fatto notare – scrive Pizzarotti in una nota – Chi tace, piega la testa e non sa formulare un benché minimo pensiero critico è solo uno yesman. E oggi continuo a vedere molti yesman, ma pochi politici con una loro coerenza e una loro autonomia”. “Quando il Movimento 5 Stelle mi aveva sospeso illegittimamente – continua il primo cittadino emiliano – mancava un regolamento sulle sospensioni e uno sul codice di comportamento. Nelle controdeduzioni che mi erano state chieste lo feci notare: impossibile e illegittimo sospendermi se mancano i regolamenti per farlo. Da parte dei vertici silenzio assoluto, lo stesso da parte del direttorio, ora rottamato senza neppure una spiegazione”. La questione principale, secondo Pizzarotti rimane quello che ha più volte ripetuto nelle sue critiche alla gestione del Movimento: “Chi fa notare le incongruenze e i gravi errori di una forza politica non è un traditore, né un infiltrato, ma una persona che con onestà intellettuale dice le cose esattamente come stanno, proponendo giuste soluzioni e senza aver paura delle conseguenze di tenere la testa alta”.
Un post che in neanche un’ora ha prodotto oltre 1.300 commenti e 181 condivisioni con tanto di acceso dibattito e scambi con lo stesso sindaco, tra sostenitori di Pizzarotti e ortodossi del movimento. A Paolo Cogorno – ad esempio – che gli contestava una mancanza di cautela nella gestione della sospensione (“per me è arrivata la conferma che se tu fossi stato un po’ più calmo, come vedi, le cose sarebbero andate a posto da sole”), il primo cittadino di Parma replica serafico: “Lei evidentemente fa parte di quelli a cui va tutto bene. Metti il direttorio, togli il direttorio, metti i probiviri, vota il regolamento, non passa il regolamento ma basta non parlarne più…. e così via…”.
Di diverso tenore, invece, è la risposta che riserva a Gianluca Giliberti. “Continuando ad insultare gli altri e a sopravvalutare oltremodo il suo pensiero e quello dei suoi accoliti – scrive polemicamente il suo follower – farà poca strada. Ammetta viceversa di aver tirato troppo la corda con critiche in parte giuste ma gridate ai quattro venti attraverso i mass media con una costanza che a molti è parsa patologica, anziché attendere le rituali occasioni di confronto”. “Io non insulto, sono stati altri”, precisa Pizzarotti. “Si vada a vedere il doppio peso nelle dichiarazioni su di me o su Raggi e Muraro. E non dovrei farlo notare? Io ho sempre detto cose poi avverate, ma darmi ragione evidentemente era difficile. Servono yes man come piacciono a lei. Su – chiosa – lei girerebbe in maglietta a dicembre se il blog dicesse che c’è caldo. Su, un po’ di obiettività non guasta”.